Prototipo Fanfiction

I deliri di un utente appassionato

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    Aelita Fan
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    DATA SNIPPETS – FILE 1



    Questo è la prima storia breve della raccolta “Data Snippets”, ovvero una serie di storie brevi ambientate negli stacchi temporali fra i vari capitoli principali. Il loro scopo sarà narrare di personaggi secondari, eventi di sfondo e mostrare alcuni momenti interessanti di sviluppo delle relazioni tra i protagonisti, per dare indizi sulle motivazioni e le azioni che intraprenderanno nei capitoli che narrano la storia principale. Questo per evitare capitoli della lunghezza standard (10+ pagine) che contengano solo momenti secondari alla trama. In questo modo cerco anche di evitare l’episodicità che caratterizza la prima stagione della serie originale. Detto questo, buona lettura!

    Ricevuta di Famiglia



    1° SETTEMBRE, DOPO L’ARRIVO DI RICHARD AL KADICK
    Lo scatto della serratura fu il suono che segnò l’arrivo di Henry Allen in quella casa situata al limitare con la periferia parigina. Nonostante fosse di modeste dimensioni, era perfetta per la coppia che la abitava; lo spazio che gli serviva non mancava, non era costata molto, e il quartiere era sia tranquillo che abbastanza vicino al centro della città. Un vero affare.

    In quel momento però il pensiero del padre di Richard non era rivolto alla casa, ma a qualcosa che gli girava nella testa da quando aveva lasciato suo figlio al Kadick: in apparenza delle semplici stringhe di testo nella ricevuta di pagamento della retta scolastica del ragazzo. Ma la cosa strana che gli frullava nel cervello era che, vedendo il documento, si era reso conto che in realtà non aveva effettuato lui il pagamento, come invece pensava fino a poche ore fa. Ci era voluto un viaggetto in macchina per risolvere l’enigma, e adesso ne avrebbe avuto la conferma.

    L’avanzare di Henry nell’ingresso fu subito interrotto dal un suono di zampettìo sul parquet. Davanti alla soglia comparve un levriero scozzese, dal pelo nero e grigiastro (nonostante non fosse vecchio). Era rimasto li, acquattato e intento a fissare il suo padrone.

    In risposta a ciò, Henry varcò la soglia di casa e dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, andò dal suo buon guardiano di casa, dandogli una grattata sulla testa.

    -Hey Murdoch, sei rimasto tutto da solo?-

    Il cane sembrò aver capito la domanda, dato che fece scodinzolare la coda per due volte, non una di più, per poi sdraiarsi completamente sul pavimento. Ormai era il suo modo per comunicare: un colpo di coda voleva dire si, due invece significavano no.

    “A quanto pare è tornata prima dal negozio… scommettiamo che ora starà in cucina?”

    L’uomo attraversò metà del corridoio tinteggiato di scuro, per poi svoltare a sinistra, dentro l’ampia cucina, che era un tutt’uno con la “sala da pranzo”. Seduta al capo di un tavolo in legno sedeva una giovane donna sulla soglia dei trent’anni, che nell’aspetto ne mostrava venticinque, o giù di li. Stivaletti in pelle marrone scura, pantaloni jeans neri e una giacchetta di pelle che copriva una maglietta a tema punk completavano il suo vestiario. I capelli rosso scuri, dal taglio pixie-cut, incorniciavano la fronte di un volto affilato che, se non fosse stato per delle leggere borse sotto gli occhi color nocciola, e per il piccolo naso un po’ arrossato, sarebbe stato molto grazioso.

    La donna sedeva davanti ad un piccolo portatile, con una mano che pigiava sullo stesso tasto un paio di volte, prima di chiudere il tutto, e l’altra che portava alle sue labbra un bicchiere di whisky allungato. Lo sguardo era particolare: una sorta di mix tra il mesto e il soddisfatto.

    -Laney, sono tornato. -

    Nonostante il tono tranquillo del marito, Laney Allen sussultò sulla sedia, come svegliata da un sogno ad occhi aperti.

    Laney: -Oh! Ah, ciao Henry. Scusami, ero sovrappensiero. -
    Henry: -L’ho notato. Sei anche tornata presto dal negozio. -
    Laney: -Si, beh… non c’erano molti clienti oggi. -
    Henry: -Meglio così allora. Un po’ di riposo in più per te. -

    Il marito dalla soglia si spostò verso il tavolo, sedendosi accanto alla moglie. Ora c’era una domanda da fare, e bisognava andarci piano, ma diretto.

    Henry: -Laney, dobbiamo parlare di una cosa…-
    Laney: -Ti prego, non iniziare a parlare come mio nonno… -
    Henry: -Non ti voglio fare una ramanzina. Voglio solo chiederti una cosa. Rispondimi sinceramente, d’accordo? -
    Laney: -…Andiamo, spara… -

    Henry: -Hai pagato la retta scolastica di Richard di tasca tua, senza dirmi nulla, vero? -

    La giovane donna posò il bicchiere, facendo un po’ di rumore. Con un’espressione che trasudava da tutti i pori la sua “colpevolezza”, si girò per vedere in faccia suo marito, trovandolo come sempre: tranquillo, mai severo ne arrabbiato. Anzi sembrava stesse sorridendo, come se fosse venuto a sapere di una bella notizia.

    Laney: -…come hai fatto? –
    Henry: -Tesoro, al liceo eri famosa per falsificare le firme delle giustifiche, e spesso facevi i compiti all’intera classe. Ero anche uno tra quelli. –

    Laney si portò una mano alla tempia, sentendo un mal di testa imminente, a causa dello stress. Frugò subito nel taschino della giacca e ne estrasse accendino e sigaretta, che iniziò a cercare di accendere ripetutamente.

    Laney: -… Shite, non riesco a farne una giusta… e stupido accendino di merda…-

    Henry; -Ascolta, non sono arrabbiato, ne voglio dirti come devi spendere i soldi della tua attività. E non credere di aver fatto qualcosa di sbagliato, anzi. Ma voglio sapere perché non me lo hai detto: so bene quanto sia importante il negozio per te, e ora ho capito perché hai fatto tutti quegli straordinari. Ma potevi tranquillamente far pagare tutto a me, non hai bisogno di spellar- -

    Laney: -SI CHE NE HO BISOGNO! –

    L’urlo aveva ammutolito Henry, e ora la casa piombava nel quasi silenzio, interrotto dai singhiozzi di Laney, che aveva le lacrime agli occhi, e le labbra tremolanti. Perfino il cane era rimasto accucciato dov’era, con le orecchie abbassate per lo spavento.

    Laney: -Sono dieci anni che non muovo il culo per mio figlio! Dieci anni in cui mi sono comportata da pisciasotto, l’ho abbandonato e me la sono squagliata fin qui! Ho fatto la fifona per un esame psichiatrico di un bambino di cinque anni, ma probabilmente gli ho fatto di peggio a lasciarlo li! Sono così fifona che non ho neanche avuto le palle di venire con te a prenderlo, anche solo per rivederlo per la prima volta! Almeno lasciami fare questo, no? Lasciami essere sua madre, per una volta!-

    Finito il fiato nei polmoni, riprese a singhiozzare in lacrime, la testa appoggiata tra le braccia, distese sul tavolo; l’accendino e la sigaretta, ancora spenti, erano caduti a terra, e nessuno dei due era interessato a raccoglierli.

    Henry non ci penso due volte a cingere le spalle della donna, mettendo una mano tra i suoi capelli, per cercare di tranquillizzarla. In tutto questo tempo avevano parlato così poco di Richard, che Laney era praticamente esplosa. Sensi di colpa covati per anni, da quando aveva lo aveva partorito all’età di soli quindici anni.

    Henry: -Hai ragione, Laney, e sono felice di ciò che hai fatto per lui. Ma la prossima volta non tenermi all’oscuro. Siamo entrambi i suoi genitori, e lo saremo insieme. D’accordo? -

    Come risposta arrivarono solo dei mugolii, che Henry prese come un si. Tornò il silenzio in casa Allen, almeno per qualche minuto, il tempo che il pianto terminasse.

    Laney: -…allora…come sta Richard? –
    Henry: -Sta bene. Forse sembrava un po’ freddo, ma sono sicuro che è una questione di abitudine… del resto è stato lui a chiedere di venire qui a Parigi. –
    Laney: -…Ha degli amici? Non sarà per caso troppo isolato? –
    Henry: -Non preoccuparti, del resto ha scelto di andare al Kadick proprio per un amico. E sono sicuro che se ne farà di altri. Non è e non sarà mai solo. –
    Laney: -Meno male…hai una sua foto?-

    Il marito non disse nulla, ma si limitò ad aprire la foto più recente di Richard che aveva trovato sul cellulare, mentre Laney alzò la testa, gli occhi gonfi e le gote arrossate, per afferrare il telefono e vederla per bene.

    Henry: -Non ce ne sono molte, del resto non ha l’abitudine di scattare foto che lo ritraggono. Ma almeno è qualcosa. –

    La foto ritraeva Richard, Edward e altri tre che probabilmente erano loro amici, per la precisione due ragazze e un altro ragazzo, tutti stravaccati nei posti a sedere di quello che pareva un locale di Roma. Richard era in un punto ben visibile, vestito come al suo solito, compresa la giacchetta. Laney rimase ad osservare la foto per un minuto buono, sfiorando quell’insieme di pixel con il pollice. Un abbozzo di sorriso si stava stampando sul suo volto.

    Laney: -Quanto è cresciuto… a momenti sembra di vedere me in versione maschile… -
    Henry: -E ti assicuro che lo è; per come parlate e vestite, sembrereste due gocce d’acqua! –

    La coppia quindi esplose a ridere, non fragorosamente, ma di gusto. Avevano ritrovato un po’ di serenità. Laney lasciò sul tavolo il telefono, e iniziò a portare il bicchiere in cucina, ancora mezzo pieno di whisky. In seguito si sentì il rumore di qualcosa di liquido che veniva scolato nel lavandino.

    Henry: -Che cosa fai? –
    Laney: -Mi libero di questo liquame, ecco cosa. Se devo farmi vedere da Richard come una madre patetica, perlomeno non voglio sembrare anche un’alcolizzata. E poi dovevo smettere comunque. –
    Henry: - Ha ha ha! E per le sigarette? –
    Laney: -Un passo alla volta! Piuttosto, vedo che stai imparando a essere più diretto, invece di girare intorno ad ogni cosa. Bravo! Allora fai così anche sotto le coperte, e forse potrai trovare un accendino e tre pacchi di Winston nella spazzatura…-

    Sua moglie era decisamente capace di farlo ridere anche quando parlava seriamente. Dovette tenere la bocca chiusa per non risultare troppo fragoroso nella sua grassa risata. Nel frattempo perfino Murdoch era trotterellato in cucina, rimanendo accanto al suo padrone, scodinzolando.

    Nell’aria si respirava il preludio di una futura riunione di famiglia.
     
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