Prototipo Fanfiction

I deliri di un utente appassionato

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  1. Ishumaeru
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    Aelita Fan
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    Ne è passato di tempo eh? Ho avuto un blocco dello scrittore, unito a mesi incasinati, ma finalmente sono tornato, perchè questa storia DEVE andare avantI!


    CAPITOLO 8: "Violenza Onirica, parte 2"


    INGRESSO DELLA CENTRALE DI GESTIONE DELLA RETE FOGNARIA

    Una calca di volanti della polizia si era disposta tutta attorno all’ingresso, e al perimetro, dello stabilimento, formando un muro di auto e poliziotti; l’edificio era circondato, nessuno poteva uscire senza ritrovarsi davanti una fila di bocche da fuoco.
    Appena parcheggiata la volante, William scese e corse subito dall’Ispettore Capo per ricevere gli ordini, insieme al manipolo di agenti che gli si era formato intorno.

    William: -Signore, qual è la situazione?-
    Ispettore Capo: -Stando ai lavoratori che sono fuggiti e hanno telefonato, un dipendente di nome Gilbert Mallet ha iniziato ad aggredire chiunque gli impedisse di entrare nella sala di controllo; sospettiamo che voglia manomettere il sistema della rete fognaria per rilasciare sostanze velenose nei canali di scarico. In parole povere: avvelenare tutta la città.
    E adesso gli ordini: abbiamo già mandato una squadra in ricognizione all’interno dello stabilimento; voi restate qui e tenetevi pronti ad aprire un fuoco di avvertimento qual’ora Mallet riesca ad uscire ed abbia un approccio ostile; nel caso la squadra di ricognizione segnali difficoltà, entrerete voi come rinforzi. E in tal caso, siate molto attenti: Mallet è stato descritto con una forza sovrumana, non so quanto possa credere a questa storia, ma prefererirei non rischiare di perdere metà del corpo di polizia per aver preso sottogamba il nostro lavoratore. Tutto chiaro?-

    Ufficiali: -Signor si!-
    Ispettore Capo: -Molto bene, allora! Posizionatevi e state pronti fino a nuovo ordine!-

    E mentre William si metteva al proprio posto, pistola in mano, pensava ancora a ciò che stava avvenendo in quella giornata: prima dei ragazzini scomparsi nel nulla, poi un uomo “dalla forza sovrumana” che voleva avvelenare tutta Parigi; e parecchi giorni prima soffriva di deja vu.

    "Ho seriamente bisogno di un giorno di riposo, o non la smetterò di fare il paranoico…"

    SETTORE FORESTA

    Jeremy: -Molto bene! Ulrich, Aelita, dirigetevi alla torre 4 per disattivarla; in seguito dovrete usarla per teletrasportarvi nel settore foresta e proteggere gli altri. E un'altra cosa: se potete evitate i mostri piuttosto che combatterli, i ragazzi non hanno molto tempo all’interno della simulazione.-
    Aelita: -D’accordo Jeremy, faremo in fretta!-
    Ulrich: -Hm.-
    Jeremy: -Ottimo, vi programmo l’Overbike!-

    E in pochissimi secondi, in mezzo ad una foresta amazzonica virtuale, fatta di alberi talmente alti che superavano le nuvole, davanti a loro si materializzò una moto dall’aspetto molto futuristico, oltre che ad essere ad una sola ruota.
    Non c’era bisogno nemmeno di una parola: entrambi salirono sul veicolo e partirono alla volta della torre, districandosi con agilità in quella foresta fatta di poligoni e codici. Alla fine erano giunti davanti alla torre, ma con un particolare sospetto: non avevano incontrato nessun mostro che li intercettasse, e non ce ne erano neanche nei pressi della torre attiva.

    Aelita: -Jeremy, siamo davanti alla torre, ma non ci sono mostri di XANA in tutta la zona. La cosa non mi convince.-
    Jeremy: -E’ vero, la mappa non segnala nessuna presenza ostile. Strano..-
    Ulrich: -Allora Aelita può disattivare la torre, mentre io rimango fuori a controllare.-
    Jeremy: -D’accordo allora. E ricorda, Ulrich: appena la torre sarà disattivata, entra dentro e gettatevi di sotto; sarete teletrasportati nel settore montagna.-
    Aelita: -D’accordo-
    Ulrich: -Ricevuto, Einstein.-

    E mentre Aelita trapassava la base nera della torre attiva, Ulrich stava davanti ad essa, le due katane sguainate e pronte a tagliuzzare qualche mostro di XANA. Cosa che stranamente non avvenne. O quell’intelligenza artificiale era improvvisamente diventata stupida, o c’era qualcosa sotto.

    Aelita: -Jeremy, ho disattivato la torre!-
    Jeremy: -Ottimo! Ulrich, com’è la situazione fuori?-
    Ulrich: -Nessun mostro di XANA in vista!-
    Jeremy: -Meglio così, ora entra nella torre, e gettati di sotto insieme ad Aelita!-
    Ulrich: -Ok!-

    E con Ulrich che entrò nella torre appena disattivata, il settore foresta tornò ad essere un luogo silente.

    NEL FRATTEMPO, SETTORE MONTAGNA

    La virtualizzazione era stata decisamente rapida; nello stesso momento in cui Yumi, Odd e Maya misero i piedi per terra, l’Overboard di Odd e l’Overwing di Yumi erano già pronti all’uso.

    Yumi: -Forza Maya, salta su e tieniti forte-; nell’Overwing c’era spazio per due.-
    Maya: -Si.-

    Una volta pronti, si diressero a grande velocità verso la torre attiva, ben visibile in lontananza, a sud della loro posizione. Fino a quel momento il tragitto era stato “tranquillo”; per quanto lo stress scorresse come il sangue nelle vene, non era stato avvistato neanche un mostro di XANA. Inutile dire che la situazione cambiò in un battibaleno: un gruppo di quattro calabroni stava velocemente volando verso la loro posizione, e avevano già iniziato ad aprire il fuoco.

    Odd: -XANA ci ha fatto un’accoglienza al volo!- Girando il busto nella direzione dei mostriciattoli alati e sparando una raffica di tre colpi, mandandone a segno soltanto uno; nel mentre Yumi sfoderò gli affilati ventagli e, dopo aver avvisato Maya di tenersi forte, procede con l’eseguire una virata di 180° con l’Overwing, per poi lanciare i ventagli taglienti e finendo i tre calabroni rimasti. Ormai erano giunti al luogo dove si trovava la torre, al centro di una specie di piazzale , pieno di massi e conche dove qualunque insidia poteva nascondersi.

    Odd: -Ottimo, siamo già arrivati alla torre e i mostri di XANA sono stati uno scherze- -

    Venne interrotto da una serie di urti che aveva investito l’Overboard, per poi farlo smaterializzare e facendo cadere l’uomo gatto per terra, e la stessa cosa accadde anche a Yumi e Maya: dagli anfratti a metà strada verso la torre erano sbucate due Tarantula, che con i loro cannoni-zampe avevano bersagliato i veicoli virtuali, al pari di una contraerea militare.

    Ora tutti e tre i Guerrieri Lyoko si erano appena rialzati nel bel mezzo della mischia, e sempre dagli stessi anfratti erano sbucati tre Block, che iniziarono a fare fuoco contro il gruppetto; Yumi, mentre ritirava fuori i ventagli, spinse Maya in una conca vuota, in modo da proteggerla dalle raffiche nemiche.

    Jeremy: -Maya, resta li finche Odd e Yumi non abbattono i mostri; vai alla torre solo quando è sicuro! E tenete duro, Ulrich e Aelita stanno arrivando!-
    Maya: -Va bene papà!-, ma non andava affatto bene: la mente di Maya si stava offuscando nel terrore del fallimento: e se non fossero riusciti a disattivare la torre e salvare i ragazzi? E se XANA avesse in serbo qualcos’altro nel mondo reale, proprio quando loro non avrebbero potuto agire? Iniziava quasi a pentirsi di essere finita in tutto questo.

    SIMULAZIONE DI EDWARD

    Quello era un duello senza esclusione di colpi: in quel momento, a distanza decisamente ravvicinata, Edward stava combattendo al meglio delle sue forze, attuando tutte le tecniche possibili per cercare di sconfiggere il proprio avversario, ma nulla: se provava a lanciarsi in una raffica di attacchi di taglio, questi venivano parati e contrattaccati, costringendo Edward a indietreggiare; provare a disarmarlo tramite un gioco di polso era impossibile, perché l’avversario sarebbe subito riuscito a trovare il punto più debole dove disarmare il ragazzo a sua volta, costringendolo sempre a prendere le distanze. Non sembrava esserci soluzione, il duello stava continuando all’infinito e in parità.

    Ora entrambi i duellanti si ritrovano a distanza, e Edward era madido di sudore e pieno di lividi e taglietti superficiali, mentre lui non era riuscito neanche a scalfire il suo nemico.

    -Ragazzo, il tuo problema è che non affronti il tuo timore. Pensaci: il modo per colpirmi esiste, e la risposta sta nei termini della sfida. Ma: sei pronto ad accettarla?--
    -Chiudi il becco, XANA! E’ facile combattere così bene quando sei un intelligenza artificiale avanzata!-
    -Ti rifiuti ancora di capire che XANA mi ha solo richiamato? Te lo ripeto ancora una volta: io sono una parte di te, e l’unico modo per uscire da questo labirinto è accettarla e cambiarla.-

    "Maledetto! Cosa intende con "la risposta sta nei termini della sfida!?" E di quale timore parla!? Quando mai mi sono tirato indietro senza combattere!? Ho sempre protetto i miei ami-"

    E fu in quel momento che il treno della comprensione sfondò il cervello di Edward: bastava davvero pensare un solo attimo alle condizioni di vittoria di questo duello per giungere alla illuminante ma mortificante verità: -se vinci potrai sceglierne due, ma uno morirà; se perdi uno scelto da me sopravvivrà, e gli altri moriranno. Oppure puoi ritirarti, ma vivrai solo te.-; La quarta risposta era presente, pesante come un macigno, ma c’era.

    Edward quindi, silente, si mise in posizione, lama rivolta verso l’alto, pronto per compiere una pazzia e sperare che funzioni.

    SIMULAZIONE DI SYL

    E fu così che quell’abisso, come una macchia, iniziò a muoversi verso Syl, ricoprendo tutte le pareti, il soffitto e il pavimento; nell’aria si poteva percepire l’intento ostile di questa entità d’ombra.

    E lei non poteva fare nulla se non rispondere all’ordine impartito dal suo cervello: fuggire. Si girò di scatto e iniziò una corsa disperata verso il dormitorio maschile, mentre la torcia illuminava in modo scomposto e frenetico la via davanti a lei; aprì la porta con una gomitata e senza pensare prese subito le scale che portavano di sopra, mentre l’essere d’ombra era percepibile come a pochi passi dietro di lei, inseguendola con una foga da predatore. Nello salire gli scalini di fretta, Syl inciampò per un secondo sul penultimo gradino, sbucciandosi il ginocchio, ma l’adrenalina superò il dolore, facendola rimettere subito in piedi per poi riuscire ad oltrepassare la porta a due ante che separava le scale dal corridoio maschile. Ora doveva trovare la camera di Richard, sperando che non fosse sparito come tutti.

    Iniziò una corsa all’impazzata, dove a ogni metro che Syl copriva tra se e la stanza di Richard veniva guadagnato anche dall’entità d’ombra, che permeava tutto l’edificio con la sua essenza.
    10 metri..5…3.. 1 metro! Mancava così poco, e Syl con un ultimo slancio, spalancò di forza la porta per trovare la camera..vuota.
    Anche Richard era sparito insieme agli altri; il terrore di questa scoperta paralizzò Syl sulla soglia.

    -no…no..No..!-

    E prima che potesse fare un ulteriore passò, sentì qualcosa che le perforava la schiena, che venne pervasa da una sensazione di freddo ghiacciante, mentre la camera di Richard si stava riempiendo di nero; l’entità l’aveva raggiunta, e trafitta da parte a parte come una lancia. Ma una cosa era certa: nel suo non poter urlare, Syl, gli occhi chiusi dal dolore e dalla paura, comprese che questa non era lontanamente la fine di quest’incubo. Ammesso che lo fosse.

    Riaperti gli occhi si ritrovò, intatta, in una stanza tutta nera, che sembrava non avere pareti distinguibili, ne un soffitto, ne riflessi. Uno spazio infinito, ma a parte nel tessuto della realtà, un freddo luogo che pareva così vuoto, ma si poteva sentire una presenza, silente. Una presenza che spaventava Syl, nel suo essere un entità familiare..

    Il silenzio di quel luogo remoto fu interrotto da due suoni riecheggianti: quello dei passi di stivali su un pavimento marmoreo, e quello di un fischiettio: non era una melodia riconoscibile, ma dava una forte sensazione malinconica; e quella voce, quel timbro...
    Syl, fino a quel momento tremante come una foglia, si girò di scatto, tentando di trovare la fonte di quei suoni che si insinuavano nel suo cervello: e tale fonte si identificò in.. se stessa? No… no, non era lei, nonostante l'incredibile somiglianza: i vestiti erano gli stessi, ma di un colore molto più scuro; gli occhi erano molto più spenti, lo sguardo più tetro e .. terrificante, e attorno a lei, quella specie di sosia, vibrava una specie di aura strana; come se fosse fatta di fumo, ma concreta e reale.

    -…-
    -Benvenuta, Syl; anche se questa è anche casa tua, in un certo senso.-; il tono era canzonatorio, quanto lo sguardo maligno e il sorriso che aveva in volto; come l’immagine di uno specchio che aveva deciso di essere la copia perfetta, seppur riflessa, dell’originale.-

    Syl: -..Ch-chi…chi sei?-
    -Oh, ma non mi riconosci? Sono quella che ti sta più vicino di tutti, anche di nostra madre. O forse dovrei dire -mia-, in fondo è lo stesso no?-
    Syl: -…quello che stai cercando di dirmi è che sei- -
    -La tua mente! O meglio, una parte di essa, stipato in fondo ma che, ogni tanto, salta sempre fuori! Diciamo che in questo momento,”ti stai guardando allo specchio.”-

    La giovane ragazza francese non sapeva cosa pensare: poteva essere tutto un incubo; ma era fin troppo reale e dettagliato per essere un semplice sogno. Allora era tutto reale? Ma era talmente allucinante da non poter essere plausibile nel mondo fisico; Syl ipotizzò che dovesse essere una specie di via di mezzo, ma i dubbi erano ancora troppi per poter arrivare a una conclusione. Intanto non poteva fare a meno di provare un senso di approvazione, o accettazione, su tutto quello che diceva quel pezzo della sua mente, in “carne ed ossa”: colei che la stava convincendo era la sua consapevolezza stessa...circa.

    Syl: -…allora dammi una conferma: è tutto un sogno? O forse.. è reale?-
    Mens: -Come abbiamo pensato, è una via di mezzo: non è reale nel senso che non siamo nel mondo fisico di tutti i giorni, ma non è neanche un semplice sogno. E’ una sorta di spazio a parte, una sorta di simulazione. Solo perché sta succedendo nella tua testa, non vuol dire che non sia vero…-
    Syl: -..simulazione…intendi…come su Lyo- -
    Mens: -Non proprio, ci sono un paio di differenze importanti; e prima che tu possa provare a indovinare, ti anticipo la risposta che ti darai: no, non sono XANA. O meglio, lui si è limitato a portarti qui. Il resto lo stiamo facendo tutto noi. Comunque, non si tratta di un mondo virtuale vero e proprio questo: sia perché tutto il sistema di Lyoko qui non esiste…e sia perché non sei un avatar. Sei la vera te stessa, umana e mortale.-

    Quell’ultima parola era un’altra ferita per Syl, ancora più glaciale dell’intera situazione..

    Syl: -…mortale? Mi stai dicendo che qui posso..-
    Mens: -Morire, esatto. Questo posto non si limita a farti vivere un incubo così reale, ma lentamente prosciuga la tua energia cerebrale, fino a ricevere una scossa letale ai neuroni e alle sinapsi.-

    Questa rivelazione era stata il colpo di grazia: nel comprendere che la morte si avvicinava lentamente, Syl, dovette tossire ripetutamente, rischiando di vomitare. Tremava, mentre il suo cervello, che inconsciamente elaborava Mens e tutto questo “sogno”, stava pensando a come, e soprattutto se poteva, uscire da questa situazione.

    Mens: -Comunque, non siamo qui soltanto per chiacchierare. Piuttosto, preparati a fare un giretto: stiamo per rivisitare posti che abbiamo dimenticato da tanto tempo..-

    Il frammento di mente di Syl schioccò le dita, facendo riecheggiare il suono per tutta la stanza. Davanti agli occhi della Syl in carne ed ossa comparve una specie di squarcio, come se qualcuno avesse tagliato una tela con un coltello. Mens afferrò con le dita quel lembo di materia, e tirò a se, strappando così un grosso “lembo di tessuto”, che aveva formato una sorta di finestra bianca dai rozzi contorni. Il suono dello strappo aveva portato Syl a tapparsi le orecchie a causa di un dolore lancinante. Togliendo le mani, una volta passata quella orribile sensazione, le vide sporche di sangue.

    Nel frattempo lo squarcio bianco, come uno schermo del cinema, iniziava a formare lentamente delle righe, che si incrociavano, diventavano ghirigori e assumevano forme complesse, scorrendo e colando come se fossero inchiostro. Più tempo passava più Syl si rendeva conto che si stava formando un’immagine nitida, che pian piano assumeva anche dell’animazione: prima si formano le pareti, poi i banchi, le bozze delle persone, i dettagli…quella disposizione delle sedie, i colori dei capelli di quella folla di ragazzini, che si accalcava davanti ad un banco..questo era un “film” che Syl aveva già visto, e in tante repliche. Ed era un film che la terrorizzava, che odiava, che aveva seppellito via in un angolo di pensiero. Fino ad adesso..

    La ragazza cercò di girarsi e distogliere lo sguardo, anticipando cosa avrebbe visto, ma non funzionava: Mens e lo “schermo” si teletrasportavano magicamente nel punto in cui Syl avrebbe rivolto lo sguardo, e chiudere gli occhi era mille volte più faticoso che tenerli aperti. Una scena degna di Kubrick, seppur ancor più surreale.

    Mens: -Prima media, te la ricordi? Non andavamo ancora al Kadick, non avevamo il problema di Lyoko e XANA..ma ce ne siamo andate via di li, e penso che ti ricorderai il motivo…-

    In quello schermo bianco e nero una piccola folla di bambini, un quarto della classe, si era raggruppata, quasi in cerchio, intorno ad un banco solo. Schiamazzi e risate facevano da brusio generale…ma non erano di divertimento, oh no: erano di pura cattiveria. E l’immagine passò a inquadrare la ragazzina oggetto degli schiamazzi, mentre una biondina le tirava i capelli e la piccola folla lanciava insulti e prese in giro varie. Se la biondina era “l’ape regina” di una classe di ragazzini di prima media, colei che stava al centro, seduta al suo banco, un libro voluminoso in mano..era Syl a undici anni. Non aveva ancora la treccia e aveva stivali più piccoli e meno appariscenti, ma per il resto era lei, con le lacrime che minacciavano di sbordare dagli occhi come cascate, e lo spirito spezzato.

    Syl: -No..no, io l’avevo di-dimenticato…i-io lo avevo... tolto via…dalla mia testa..- L’impulso di piangere, represso, alla vista di quel ricordo, la faceva singhiozzare ad ogni parola.
    Mens: -Spesso i bambini sanno essere più malvagi di certi adulti: sono senza pudore e non conoscono appieno la dignità; per loro è facile prendere in giro, come hanno fatto con noi. Eri quella particolare, che stava sempre col muso incollato alle pagine, quelle poche volte che qualcuno ti aveva rivolto la parola, eri già fredda di carattere come lo eri fino a questo Settembre…ma ora viene il bello…-

    L’ennesima tirata di capelli aveva fatto traboccare il vaso della sopportazione di Syl undicenne, facendola voltar di scatto e scagliare il libro contro la faccia della biondina, come se il tomo fosse una mazza ferrata. L’ape regina della classe cadde a terra, sprizzando sangue dal naso, che era finito pure sui vestiti di Syl. Quest’ultima aveva assunto il suo primo sguardo di disprezzo verso la gente che le stava intorno, per poi farsi strada e scappare via.
    La scena quindi cambiò una seconda volta: ora ritraeva il bagno femminile della scuola, squallido e pulito il minimo necessario. Tre persone erano intente a menare calci, e Syl era la vittima: il primo pestaggio ricevuto nella sua vita; le scarpe e i pugni delle “torturatrici” colpivano ferocemente il petto, lo stomaco e le gambe, per evitare di lasciare segni più ovvi sul viso; le lacrime di Syl bastavano e avanzavano per il trio di bullette.


    Syl: -ti prego…fa-fallo..fallo smettere….- Ogni parola era interrotta da un singhiozzo ed una lacrima, in un dolore sistematico.
    Mens: -La cosa non si era risolta per niente bene. Mentre la scuola se ne lavava le mani, l’affronto ai bulli ha causato una reazione a catena: piccoli furti, insulti più frequenti..e ovviamente violenza fisica. Da quei giorni avevi cominciato a troncare qualsiasi interazione al di fuori della famiglia. Loro erano gli unici che parevano volerti bene e supportarti in tutto. Non avevi bisogno degli altri, capaci soltanto di fare del male alle persone, oppure di ignorare il tutto. La famiglia era la sola cosa che ti teneva su e che ritenevi ti servisse per stare bene...e sei stata decisamente fortunata, hai rischiato di perdere anche quella..-

    Una terza scena si creò sullo schermo, sovrascrivendo quella precedente: ora lo squarcio bianco ritraeva un comodo divano situato in un bel salottino; sedute li, abbracciate, vi erano Syl e la madre. Si poteva sentire pure il loro dialogo riecheggiare chiaramente per tutto lo spazio nel quale la Syl di oggi e Mens si trovavano.

    -Mamma, è vero che morirai? Il dottore ha detto che è possibile che sia ad uno stadio grave..-
    -Syl, non preoccuparti di questo, ci vuole ben altro per separarmi da te. Starò bene, guarirò, e ci saremo sempre per te: io, tuo padre, tua sorella..non ti abbandoneremo..-
    -Promettilo mamma….perché ho soltanto voi; fuori non posso fidarmi di nessuno…-
    -Non dire così: innanzitutto sei più forte di quel che pensi, come tua madre; e poi il mondo non è diviso in bianco e nero. Ti prometto che quando cambierai scuola e andrai al Kadick, li riuscirai a farti degli amici. E forse troverai qualcuno che ti vorrà bene quanto noi, se non di più.-
    -Ne sei sicura, mamma?-
    -Al cento per cento, piccola mia..-


    Syl: -..perché…perché mi stai ricordando tutto questo?-
    Mens: -Perché io sono il tuo dubbio: sei sicura di voler continuare a combattere XANA? A rischiare la vita e tentare di salvare il mondo? E se perdessi la famiglia? Dopo non ti rimarrebbe più niente..-
    Syl: -Ti sbagli! Mia madre aveva ragione: ho trovato altra gente a cui poter tenere: i vecchi Guerrieri Lyoko, Edward, Maya…Richard -
    Mens: -pffHAHHAHHAHA!! Sul serio? I vecchi Guerrieri Lyoko li incontri di più quando c’è da combattere XANA che non altrove; Edward e Maya non li frequenti da soli, ma sempre in gruppo… e Richard, hahaha! Davvero lo ami ancora? Che cosa ha fatto di speciale, salvarti da morte quasi certa su Lyoko? Cosa credi, che lo farebbe solo per te? Lo avrebbe fatto con chiunque: del resto di chi è la colpa se adesso dovete rischiare la vita?-
    Syl: -..cosa!?-
    Mens: -Andiamo, non l’hai capito? Richard lavora fino allo sfinimento a Lyoko perché si sente responsabile di tutto questo: lui ha riattivato il supercomputer, e dato la possibilità a XANA di tornare, mandando al diavolo la vostra vita, costringendovi a rischiarla per un suo errore. Ecco perché ti ha ignorato quando piangevi e lo chiamavi: non vi vuole vedere e sentire il peso delle responsabilità che ha posto sulle vostre spalle. E’ come uno sporco ratto che fugge, si rintana nel suo buco.. -
    Syl: -Sta zitta! Stai dicendo solo bugie! Richard in realtà tiene a tutti noi. Lui è quella persona che per prima cosa è venuto a cercarmi, dopo essere tornati indietro nel tempo! Ha rischiato di collassare per tutto la fatica che fa per proteggerci!-
    Mens: -Mhh..va bene, questo te lo concedo. Ma prima vediamo un ultimo “film”, in tempo reale. Chissà, forse cambierai idea e non vorrai più Richard nella tua vita; del resto, quello che stai per vedere, lo sta facendo solo per te..la sua ultima grande impresa.-
    Syl: -Di che cosa parli?-
    Mens: -Adesso vedrai.-

    Lentamente lo squarcio stava creando una nuova immagine: solo che questa volta era a colori…

    23 RUE PARCHAPPE, QUARTO PIANO

    Un appartamento spoglio, vecchio e tenuto male, tra muri ingialliti e mobilia appena decente. E oltretutto era situato al quarto piano di una palazzina senza ascensore, quindi bisognava pure farsi tutte le scale; ma coloro che vi abitavano non erano certo un paio di studenti che hanno iniziato a lavorare come camerieri, in un ristorante di bassa lega. Questa, come un paio di altri appartamenti nella palazzina, era una piccola -base- per un gruppo affiliato alla mafia russa; in particolare questa banda si occupava di far girare l’eroina per le strade, mandando parte del guadagni ai "superiori".

    E in questo appartamento, più precisamente in una camera piccola e disordinata, tra valige piene di pacchetti di droga e qualche caricatore di pistola sparso sul letto disfatto, vi erano due uomini della banda, che seguivano un codice di vestiario specifico: un completo bianco pastello. Mentre uno contava un mazzetto di banconote, l’altro fumava una sigaretta fatta in casa, con aria meditabonda, come se pensasse a qualcosa di complicato da processare.

    -Tu cosa ne pensi?-
    -Uh?-
    -Dico, cosa pensi riguardo a ciò che ha fatto il capo? Voglio dire, ok erano ficcanaso, ma ha comunque fatto saltare la testa a quattro ragazzi.-
    -Io dico che chi ficca il naso e sa cose che non dovrebbe, finisce male. Milioni di ragazzi muoiono in modo peggiore, quei quattro mocciosi sono solo una statistica in più. Comunque, tu sai dov’è Dusek? Mi pare di ricordare che aveva della roba da portare qui.-
    -So solo che sarebbe dovuto venire più o meno a quest’ora. Ed è meglio che si sbrighi, perché da quello che so ha un carico bello gros- -

    La conversazione del duo fu troncata bruscamente dal suono dell’allarme di una macchina, come quando vengono tamponate da ferme. Era un suono acuto abbastanza da sovrastare le voci dei due malavitosi, ma era un suono che fini in pochi secondi.
    Il fumatore si fiondò subito alla finestra posta alla sua sinistra, per controllare cosa diavolo stesse succedendo fuori; non c’erano molte macchine parcheggiate in quel posto.

    -Blyat, se scopro che Dusek mi ha tamponato la macchina per la terza volta..-

    Per sua fortuna Dusek non aveva tamponato la sua macchina, perché era già morto: era disteso malamente sull’asfalto, con le gambe dentro la macchina, il bagagliaio posteriore aperto, e sangue, tanto sangue che aveva formato una pozza sull’asfalto, circondando la testa di Dusek, sporcandogli il candido completo bianco.

    Il fumatore, in preda al terrore e all’adrenalina, non rimase a fissare il cadavere quattro piani in basso, ma prese subito un caricatore dal letto e lo inserì nella sua Glock, andando a passo svelto verso la porta principale, gridando degli ordini in lingua slava, rozzamente traducibili con “restate qui e preparate le armi”. Intanto l’altro tipo aveva smesso di contare le banconote e aveva iniziato a vedere cosa diavolo ci fosse da vedere fuori dalla finestra; nello stesso momento altri due malavitosi erano in salotto, seduti su un divano consumato e privo di un paio di molle, intenti a smezzarsi dell’eroina su un tavolino, che vennero colti alla sprovvista dagli ordini ricevuti.

    Alla fine il fumatore aprì la porta principale, facendo per uscire e precipitarsi giù per le scale: non ebbe neanche il tempo di vedere che davanti a lui c’era una persona, dato che fu subito investito da un fortissimo botto nelle orecchie, per poi cadere a terra come un sacco di patate. Non si era nemmeno reso conto di avere un buco rosso scuro allo sterno, e non poté sentire il bossolo che cadeva, ormai più leggero, sul pavimento.

    Se avesse potuto vedere in faccia il suo assassino, si sarebbe ritrovato davanti, seppur non conoscendolo, Richard Allen. O meglio, sicuramente il suo corpo: stessi vestiti, stessa giacca perforata da un proiettile, schizzata del sangue appena versato.. ma due cose erano nuove: al collo portava il medaglione portafoto che gli aveva salvato la pelle, e il suo sguardo…era talmente sterile, inespressivo e vitreo, che qualcuno avrebbe potuto pensare che dentro la sua testa ci fosse chissà quale spirito sanguinario, che manovrava ogni sua brutalità.

    Con un fucile a pompa automatico SAIGA-12 tra le braccia, completo di baionetta, Richard fece un paio di passi in avanti, respirando l’aria ora pregna di polvere da sparo bruciata, sangue, e tensione; tutti gli altri uomini erano rimasti delle statue nel sentire lo sparo e il corpo del loro compagno cadere a terra, stecchito.

    Quell’attimo di silenzio fu rotto dal “coraggio” dell’uomo che prima contava le banconote, tutto fiero dei suoi pezzi di carta. Si sporse improvvisamente dall’angolo, la pistola puntata nel corridoio, e iniziò a sparare una serie di colpi, tentando di colpire Richard. L’intento, nonostante le mani tremanti, riuscì: il ragazzo, mentre tentava di rispondere al fuoco, sentì la sua spalla sinistra venire perforata dal proiettile, per poi bruciare di dolore. In questo modo Richard inciampò a terra, scontrandosi contro il muro, e a causa del rinculo del fucile, un colpo andò a sfracellare la lampada sul soffitto.

    Il malavitoso era pronto a svuotare il resto del caricatore su quel pazzo indemoniato di un ragazzo, ma mentre piovevano frammenti di vetro sul pavimento, Richard era riuscito a mirare e a scaricare tre colpi del caricatore sull’uomo, con scarsa precisione. Ma anche lui riuscì a colpire il malavitoso: mentre le pareti e i pochi mobili diventavano un colabrodo, il malavitoso sentì una scossa di doloroso rumore alle orecchie, e la vista gli si annebbiò. Gli era saltato via l’orecchio destro in un esplosione di sangue, e per questo gettò via senza volere la pistola nel bel mezzo del corridoio e, con entrambe le mani, cercò di tamponarsi la menomazione, mentre cadeva a terra per il dolore, urlando come un drogato in preda ai dolori dell’astinenza.

    Nel frattempo Richard si era rimesso in piedi, sopportando il dolore lancinante alla spalla, e sparò un altro colpo, spedendo la rosa di proiettili verso la caviglia del malavitoso a terra, mentre questi si trascinava al riparo, come se fosse un verme vivo ma tagliato a metà.
    Ansimando per lo sforzo Richard avanzò a lenti passi, restando però fermo di fianco alla parete che precedeva l’ingresso al salotto, alla sua destra. Li dentro, mentre un uomo teneva la pistola puntata verso il corridoio, usando il tavolo come penoso riparo, il secondo malavitoso non aveva armi con se, e alla vista della pistola del suo compagno, ora in mezzo al pavimento del corridoio, non poté resistere all’impulso di correre a raccoglierla. C’era quasi, poteva già sentire quella sicurezza calibro 9mm nella sua mano sudata..ma il desiderio fu infranto come le sue costole, spezzate dalla baionetta del fucile di Richard, che era rimasto dietro di lui per infilzarlo fino al cuore, in una perfetta imboscata.

    Quando l’uomo dietro al tavolino incominciò a sparare nel panico, riuscì solo a fare tanti fori sul corpo del suo compagno, dato che Richard riuscì a girarlo e a usarlo come riparo improvvisato. La pistola del mafioso si inceppò all’improvviso, e mentre tra imprecazioni cercava di far scorrere il carrello, si era ritrovato sotto un’ondata di rosate di proiettili, che lo trasformò in un mucchio di cartilagine e ossa, mentre il tavolo si era spaccato sulla sua unica gamba, riversando l’eroina per terra, facendola così diluire nel sangue.

    Lo sganciamento del caricatore vuoto del SAIGA-12 di Richard sembrava aver segnato, almeno per il momento, la fine dello scontro a fuoco. Anche se massacro forse era un termine più appropriato, per la crudezza e per il fatto che nessuno dei malavitosi era riuscito ad abbattere quel mostro sotto le spoglie di un ragazzo di quattordici-quindici anni.

    Ansimando e tentando di tornare a respirare, Richard si era diretto a controllare la cucina, mentre lasciava cadere a terra il pesante fucile russo, mentre la mano destra andò subito alla cinta dei pantaloni, estraendone così la sua seconda arma ritrovata nell’auto della prima vittima: un revolver Mateba 6 Unica, arma italiana dal design decisamente futuristico e dal basso rinculo.
    Era entrato in una cucina decisamente semplice: alla destra il piano lavoro, compreso di fornelli leggermente sporchi e datati; alla sinistra invece c’era un tavolo sufficiente per quattro persone, sopra cui vi era un sacchetto di eroina quasi vuoto, un pacchetto di sigarette accartocciato e una bottiglia aperta di kvass.

    Ma l’elemento più interessante per la mente di Richard era una porta in fondo a destra della stanza; probabilmente era la dispensa e forse qualcuno si era nascosto li, rannicchiato, tentando di fuggire dalla morte..
    E il ragazzo non si era accorto di una presenza alle sue spalle: Richard si ritrovò preso da dietro, la sua gola che veniva bloccata dal fucile che prima aveva lasciato cadere a terra. L’uomo a cui precedentemente era saltato un orecchio era strisciato in silenzio, e ora cercava di far scorrere la gola dì Richard verso la baionetta del SAIGA. Colto alla sprovvista aveva lasciato andare la pistola, e ora, con sempre meno fiato, dava fondo a tutte le sue forze per spingerlo verso il banco da lavoro, andandoci a scontrare di peso, cercando di liberarsi.

    Sentiva sempre di più di star soffocando, la baionetta si avvicinava sempre di più alla sua gola, mentre poteva odorare il sudore e il sangue del mafioso, che grugniva nei suoi sforzi di uccidere Richard. Quest’ultimo però, in una seconda scarica di adrenalina, riuscì a prendere il fucile dalla canna e a crearsi quanto spazio bastava per scansarsi e ficcare la baionetta dritta all’inguine del malavitoso; niente più scopate per quell’uomo…

    Era stato talmente doloroso che il mafioso lasciò andare Richard, per poi cadere a terra una seconda volta, mani ai resti del suo membro maciullato, mentre le sue urla parevano quasi dei ruggiti di un leone furioso. Richard aveva lasciato di nuovo il fucile, e con grande velocità, aveva preso il revolver che gli era caduto, e senza pensarci due volte, sparò un solo colpo dritto alla testa del malavitoso, che esplose come un cocomero, imbrattando il pavimento e il muro opposto di sangue, cervella e pezzi del cranio.
    Una volta abbassato il revolver, e constatato che non c’era più anima viva in quell’appartamento, Richard sembrava per certi versi essere ritornato in se, o perlomeno com’era prima di tutto questo: si piegò sul pavimento, vomitando la propria bile per lo stress fisico e mentale causati dal massacro. Un barlume di umanità, espressa in quel liquido acido, mentre le sue narici erano pregne dell’odore di sangue che aleggiava in quello squallido appartamento.

    Sentendosi lo stomaco accartocciato, Richard si era issato in piedi dopo qualche minuto, riprendendo fiato. Non riusciva a gridare, ne a disperarsi per la carneficina appena compiuta..perché c’era un ultima persona con cui regolare il conto.

    Senza guardarsi indietro, Richard uscì dall’appartamento, e fece per voltarsi verso le scale che portavano al piano di sopra, ma si bloccò. In cima alle scale c’era lui: stesso pizzetto, stessi capelli. Era quello che gli aveva catturati tutti e quattro. Aveva ucciso Maya e Edward. Aveva cercato di uccidere lui. Aveva ucciso Syl.

    Richard cercò di prendere la mira e porre fine a questa storia, ma non era stato abbastanza veloce, dato che si ritrovò investito di una scarica di mitraglietta Uzi. La forza dei colpi e il dolore che pian piano scoppiava sul suo petto crivellato, arrivarono a spingerlo verso il muro, dove si accasciò lentamente, mentre lasciava una serie di piccole scie rosso cremisi sulla parete.

    La vista si stava deteriorando, quasi come una cassetta vecchia che mostrava i suoi glitch. Stava per andare incontro alla morte, senza aver potuto finire l’impresa, senza aver potuto fare nulla. Erano tutti morti..era tutto finito…

    CENTRALE DI GESTIONE DELLA RETE FOGNARIA

    “Siamo entrati nel corridoio di gestione delle tubature, tra non molto dovremmo raggiungere la centralina di controllo... EHI! Fermo li, metta le mani in alto o saremo costretti ad aprire il fuoco! Fermo ho detto..CHIAMATE RINFORZI, PRESTO! STAMMI LONTANO! AAAhrgh!…”

    A seguire la radio trasmetteva il suono degli spari e le urla di terrore del poliziotto, per poi tornare in silenzio.
    William e il resto della squadra aveva fatto irruzione nell’edificio non appena vennero richiesti i rinforzi, e ora si trovava proprio dentro quella sala piena di tubature, valvole e vapore, mentre la luce rossa che dava l’allarme irradiava tutto quel corridoio. A William ricordava la sala caldaie al Kadick, un posto apparentemente discreto, ma che celava qualcosa di molto più grande di tutti loro...

    Mentre una mano tremante era posta alla fondina, pronta ad estrarre la pistola, e il colletto della divisa era ormai zuppo per la tensione del poliziotto, camminava a passo lento sulla grata posta sul pavimento, cercando di non far rumore. Quella registrazione lo aveva turbato talmente tanto da convincergli che non si trattasse di un semplice criminale..ma qualcosa di ben più mostruoso. E nessuno vuole attirare a se dei mostri.

    William si ritrovò in quello che era un bivio a T: davanti a lui il cartello segnava la direzione verso la la centralina di controllo, mentre alla sua destra il corridoio continuava per poi svoltare a sinistra. Decise di prendere la prima direzione vista, stavolta a passo più spedito; non poteva permettere a quell’uomo di contaminare la rete fognaria della città.

    Di fronte a lui la porta in ferro che lo avrebbe condotto alla sua destinazione era sempre più vicina..ma la sua visione cambiò presto, dato che una grande forza lo prese da dietro e lo scaraventò sulla parete colma di tubature, che subito si deformarono per l’urto, facendo uscire forti fiotti vapore dalle giunture. Una mano nodosa gli stava torcendo il collo, togliendogli il fiato. I suoi occhi lacrimanti vedevano con orrore il volto dell’ormai posseduto Gilbert Mallet, schiuma alla bocca, denti digrignati..e quegli occhi..le pupille!

    “No..NO NO NON E’ POSSIBILE! DEVE ESSERE TUTTO UN INCUBO! Non può essere tornato, non può!..”

    Dal panico venne l’adrenalina: William, mentre soffocava sempre di più in quella stretta mortale, tentò di allungare il proprio braccio verso la fondina, con tutte le sue forze: l’obbiettivo era quello di poter sparargli, per ferirlo quanto bastava perché si liberasse e potesse tornare a respirare. Il fiato era sempre più corto, la gola implodeva dal dolore, e tutte le sue forze erano concentrate in un solo gesto, in quell’unica speranza di sopravvivenza…

    SETTORE MONTAGNA

    I ventagli di Yumi vibravano al pari dei polsi di lei, mentre li roteava per parare i colpi dei block, che stavano sparando a raffiche intense, come una mitragliatrice. Dall’altra parte Odd era intento a balzare in aria come un gatto, mentre evitava i colpi di cannone di cinque tarantule; altre tre erano saltate fuori, proprio nel momento sbagliato. Erano accerchiati dai nemici, e da soli non potevano tenere a lungo, mentre Maya rimaneva nascosta e inerme.

    Uno dei due block però sembrò rivolgere il suo sguardo altrove, alle sue spalle: in un attimo si ritrovò affettato in ude, da una figura che correva ad alta velocità, che gli era appena passata oltre..e la sua sorte tocco anche ai suoi compagni: come si suol dire, “è arrivata la cavalleria”, e infatti ora c’erano ben tre Ulrich davanti a tutti. Aelita nel frattempo era seguita in coda, e dalle sue mani comparvero due globi rosa, fatti di energia pulsante, che vennero scagliate su due tarantule su cinque. Proprio in quel momento Odd, che era nel bel mezzo di un salto, sfruttò l’occasione per sparare un colpo laser diretto al terzo mostro a forma di ragno, mentre Yumi lanciò i suoi ventagli, portando il numero dei mostri di XANA a zero.

    Maya, vedendo come la situazione si era ribaltata in loro favore, uscì subito dal nascondiglio, correndo ad abbracciare la madre, per cercare un po’ di conforto da tutta quella tensione.

    Aelita: -Va tutto bene, Maya. E’ tutto passato.-
    Jeremy: -C’è mancato poco! Ora possiamo disattivare la torre e salvare i ragazzi!-
    Aelita: -Vado subito ad attivare il Codice Lyoko!-

    Mentre veniva rilasciata dall’abbraccio della madre, improvvisamente ebbe un insolito sentore: qualcosa di brutto stava per accadere in questo momento..

    Maya -…No! METTEVI AL RIPA- -

    Il suo avvertimento non arrivò mai alle orecchie dei suoi amici, perché furono immediatamente investiti da due fasci di energia rossa, che si incrociarono tra loro. Senza che questi potessero percepire la minaccia incombente, vennero tutti devirtualizzati sul colpo. Tutti tranne Maya, che si ritrovò davanti a se e alle sue spalle due Tank, che rotolarono nella loro forma sferica. Si aprirono in due, mostrando le loro interiora rosse, con l’occhio di XANA che stava pulsando, pronto a scagliare il colpo fatale sulla povera ragazza..

    Jeremy: -MAYA SCANSATI SUBITO!-

    L’avvertimento del padre era risultato vano: la paura aveva reso di cemento le gambe di Maya; perché lei sapeva che non poteva fuggire a lungo, ne entrare alla torre in tempo, ne combattere. Era alla merce di due mostri, in un mondo virtuale, e i suoi tre amici sarebbero morti nei loro incubi..quale senso di impotenza..

    "No..no, non può andare così..IO NON VOGLIO CHE FINISCA IN QUESTO MODO!"

    Chiuse gli occhi e un urlo straziante pervase tutto il Settore Montagna, rimbombando tra le rocce, mentre i due mostri spararono gli ultimi due colpi fatali. Per loro: mentre venivano devirtualizzati, Maya aveva ancora gli occhi chiusi, come per non vedere la morte in faccia, ma questa non venne. Riaprendoli, si rese conto di ritrovarsi in una cupola che prima non c’era: sembrava fatta interamente di vetro, la cui superficie grezza faceva come da moltitudine di specchi, che deformavano ciò che si vedeva oltre.

    Maya: -Ma cosa..cosa è successo?- Era rimasta immobile e incredula nel tentare di capire come fosse apparsa quella cupola di vetro, mentre si dissolveva in migliaia di pixel.
    Jeremy: -Non so come sia stato possibile..ma l’hai creata tu!-

    La ragazza si guardo le mani virtuali, stupefatta anche solo dal poter pensare di aver usato un potere che fosse diverso dall’inserire un codice. Forse non era più un peso per il gruppo, fatta solamente per essere protetta..

    Jeremy: -Cosa stai aspettando Maya, entra nella torre!-

    Ridestata dai suoi pensieri, Maya corse barcollante alla torre, quasi sfondando la parete nera pur di entrarvi in fretta, arrivando alla piattaforma centrale. Venne ben presto librata nell’aria, più veloce del solito, come se la torre stessa rispondesse alla sua volontà. Arrivata in cima premette la mano sullo schermo con forza, nella speranza di essere ancora in tempo per salvare i suoi amici…

    MAYA
    CODE LYOKO

    CENTRALE DI GESTIONE DELLA RETE FOGNARIA

    Proprio quando la mano di William era nella tensione massima, la presa sul suo collo si allentò di scatto, come una tenaglia meccanica. Il poliziotto cadde a terra, tossendo e inalando quanta più aria poteva, massaggiandosi il collo rosso per la stretta. In seguito a quell’attimo di respiro, William non esitò e, tirando fuori la pistola dalla fondina, sparò un colpo diretto alla gamba di Gilbert Mallet, che subito crollo a terra urlando per il dolore, farfugliando nel mentre parole sconnesse tra di loro; tranne per una piccola frase:

    -...E-ESCI dalla mia testa!, Aargh! Vattene via, mostro!-

    Dopo ciò che aveva visto nelle pupille di quell’uomo, William rabbrividì ancora di più nel sentire quella frase, che sembrava voler spingerlo a credere a quello che era il suo timore più grande. Giurava di aver visto il simbolo di XANA sugli occhi di quell’operaio.
    Ma non fece in tempo a dire o fare altro, neanche ad avvisare gli altri poliziotti, in ascolto sulle ricetrasmittenti, che un torpore lo colpì in tutto il corpo, dalle gambe alla testa. La vista si annebbio fino a diventare scura, per poi perdere i sensi definitivamente.

    .SIMULAZIONE DI EDWARD

    Edward iniziò ad avanzare verso il suo avversario, petto in fuori, senza alcun apparente timore, lo sguardo fisso su quella sorta di cavaliere nero. Con la mano destra roteava la sciabola, forte di un nuovo e inaspettato vigore che pulsava dentro di lui, mentre veniva in contro al nemico, fino a quando le due punte non cozzarono. In quel momento il ragazzo iniziò a sferrare una serie di colpi, di velocità sempre più crescente.

    Un passo a destra, colpo laterale; due colpi, scarto, scambio, affondo, deviazione, indietreggio..ogni azione veniva eseguita da Edward e vanificata dal suo avversario. Il duello sembrava trasformarsi in una danza, mentre la frenesia aumentava e le lame diventavano ormai ombre indistinte.

    Edward colse infine un ultimo affondo del cavaliere nero, proprio mentre c’era un varco aperto nelle sue difese. Era tempo di mettere in pratica quel folle piano e risolvere la faccenda una volta per tutte: invece di deviare il colpo, si lasciò trapassare lo stomaco, senza però dare alcun grido di dolore mentre le interiora venivano infilzate senza pietà dal freddo acciaio, e il fiato diventava corto.

    Il ragazzo prese con la mano sinistra la lama nemica, ormai intrappolata tra le sue viscere, e con tutte la forza che gli era rimasta nelle braccia e nelle gambe, si protese in avanti per dirigere un ultimo affondo diretto alla testa del cavaliere nero. Non ci fu sangue da parte sua, ne gemiti. Era però diventato immobile, come un robot a cui si stacca la corrente, rendendolo una statua senza vita.

    Edward: -…ecco la mia risposta: abbiamo vinto… entrambi. Io posso scegliere due persone da salvare, e tu..nghh.. una terza. I miei amici sono vivi, ma a morire sono io. E sai una cosa, mi sta bene così, Edward!-

    Si fermo ansimante, per riprendere fiato, prima di tornare a parlare a quella figura. O meglio: a se stesso, nella forma di quella figura.

    -Ho capito di aver duellato contro me stesso e la mia paura di morire: ho preso troppo alla leggera questa storia. Salvare il mondo, entrare in un computer, avere i poteri..sembrava quasi un gioco, sembrava tutto così facile, e non capivo come gli altri, soprattutto Richard, potessero essere così turbati. Ma oggi ho capito: non possiamo sapere come finirà, e devo essere pronto ad accettare l’idea che io, e i miei amici, potremo morire in tutto questo.
    E io accetto la cosa!-

    Con questa ultima frase il cavaliere nero e la sua spada cessarono di esistere, svanendo come nebbia in tutta la brughiera. La ferita di Edward però rimase, e quest’ultimo girò lo sguardo, venendo investito dai raggi del sole: dal tramonto era diventata l’alba, dipingendo l’erba alta di un colore sempre più dorato.

    Edward quindi si lasciò cadere a terra, mentre la luce gli entrava negli occhi. Stava morendo sul serio? Avrebbe rivisto i suoi amici, magari dall’altra parte? Chi lo sa. Ma una cosa era certa: non sentiva di stare andando in paradiso. Se lo ricordava immerso in una luce bianca, e non gialla neon..

    SIMULAZIONE DI SYL

    Syl, in quello squarcio che dava su un'altra realtà, poteva vedere ciò che non avrebbe mai potuto immaginare. I suoi occhi erano così inorriditi da quelle immagini cruente, ma non poteva staccarli.

    Non poteva credere che Richard stesse facendo questo: doveva essere per forza uno scherzo della sua mente, era sicuramente così. Altrimenti non avrebbe saputo spiegare come mai quel ragazzo così amato stesse facendo una strage in piena regola. Syl vedeva lui che assisteva, impotente, alla loro esecuzione da parte di quei malviventi, vedendo se stessa morire. Vedeva come Richard li sterminasse senza alcuna pietà, mentre il sangue e la polvere si accumulavano in quella specie di macelleria. E infine, Richard che veniva colpito a morte, mentre strisciava contro il muro, il corpo riempito di piombo..

    Mens: -Lo vedi? Gli basta un’allucinazione nella quale tu muoia, e per te è capace di compiere una strage simile. Santo cielo, i medici avevano ragione: è un pazzo in piena regola. Forse è anche un po’ sadico, chi lo sa…-

    Quell’ultima immagine era stata il punto di rottura: ormai Syl si era lasciata alle lacrime per la disperazione. Non sapeva più dove fosse, se nella realtà o nella sua testa ormai malata. Aveva paura di tutto in quel momento, anche di Richard per certi versi; non lo aveva mai immaginato così sanguinario.

    Ma gli angoli dei suoi occhi poterono percepire qualcosa: in quello spazio nero, dietro di lei, c’era qualcosa di luminoso..una luce gialla, che lentamente cresceva sia di dimensione sia di intensità, inghiottendo tutta quella sala.
    Syl si era girata di scatto per vederla, e nel farlo, smise di piangere. La paura, il terrore, tutto questo sembrava dissolversi nel solo vedere la luce, come se questa entrasse dentro il suo corpo, riscaldandolo.

    Tutto fu sostituito da una sola ed unica azione: Syl si scagliò contro la proiezione della sua mente, e senza indugio, strinse entrambe le mani sul suo collo, mettendoci tutta la forza che aveva nelle braccia, a costo di strapparsi un muscolo. Mens iniziava a rantolare, mentre cercava di districare le dita di Syl, senza riuscirci. Erano una morsa di ferro.

    Syl: -Stammi bene a sentire. Se credi che tutto questo mi faccia cambiare idea su Richard, o che mi faccia tirare indietro, ti sbagli! Io resterò insieme ai miei compagni, e combatterò XANA, a qualunque costo. E non credere che io smetti di amare Richard, anche se lui arrivasse a rifiutarmi, io ho scelto di esserci sempre per lui. E non ho bisogno di un perché per voler bene a qualcuno!-

    Il respiro di Mens diventava sempre più rarefatto, mentre la luce gialla inghiottiva sempre di più lo spazio nero, quasi conferendo una sorta di aurea intorno alla figura di Syl.

    -E adesso tu, che sei il mio dubbio e le mie paure..SPARISCI!-

    E con un ultimo respiro rarefatto, il corpo di Mens cadde a terra, come morto. Lentamente però si andava a fondere al pavimento, simile ad un liquame nero. In questo momento, la mente di Sylviane Cellier era cambiata.

    Ormai la luce aveva occupato quasi tutta quella grande stanza, salvo per quel piccolo squarcio che dava su un'altra realtà, dove Richard giaceva morto, nel suo tentativo di vendicare i suoi compagni. Syl, ansimando pesantemente per lo sforzo. Non poteva però staccare lo sguardo dal cadavere di quella persona che lei, senza alcun motivo preciso, aveva deciso di amare più di quanto amava i suoi pochi, nuovi amici.

    Sentiva però che il suo corpo diventava sempre più leggero: forse stava tornando alla realtà, come dopo un lungo incubo? Oppure quella parte della sua mente aveva ragione, e sarebbe presto morta? In ogni caso, aveva solo un ultimo istante per dire una parola a quel corpo crivellato dai proiettili.

    -..ti prego…so che puoi, quindi fallo per tutti. Fallo per me…
    ..sopravvivi..-


    SIMULAZIONE DI RICHARD

    La morte era una cosa decisamente strana: sembrava che ci fosse una sorta di limbo, in cui tutto il mondo attorno a se pareva essere andato in pausa, come una riproduzione di un CD.

    A interrompere questo strano oblio in cui la mente di Richard giaceva, in procinto di andare all’altro mondo, vi era un eco..no una voce: si ripeteva lentamente, diventando quasi un mantra, un ordine. E quella voce, quel tono, quella parola, l’aveva già sentita..

    “..sopravvivi..sopravvivi…”
    “sopravvivi”


    Quel comando ridestò la poca forza vitale che gli era rimasta: il cuore ritornò lentamente a battere, sempre più vigoroso. Gli occhi tornarono a vedere nitido, e la sua gamba destra si piegò, per iniziare a spingerlo in piedi, usando il muro come appoggio per la schiena. Ben presto le braccia e le mani tornarono a rispondere ai suoi comandi, e il suo corpo riuscì finalmente a reggersi in piedi. Alzò lo sguardo verso le scale, in modo da poter osservare quell’uomo, che in quel momento era rimasto pietrificato da quello che stava vedendo accadere di fronte ai suoi occhi.

    -N-Niet! Non è possibile, ho svuotato un caricatore! Come fai ad essere vivo!?-

    E lentamente, mentre la sua mano teneva ancora stretto il revolver, Richard diede la sua risposta.

    -Ka-
    *Richard si riferisce al concetto di "Ka" della Torre Nera, ovvero una forza vitale, paragonabile al fato, che muove il mondo.


    In soli tre secondi, senza che il malvivente, quel bastardo che gli aveva portato via tutti coloro verso cui provava affetto, potesse sbattere le palpebre, i sei colpi della Mateba, veloci come schegge e tonanti come un temporale, andarono a conficcarsi uno per uno sul suo corpo, disegnando cerchi color cremisi sulla sua giacca candida, che man mano si inzuppava del suo stesso sangue.
    Il mafioso russo non esalò neanche il suo ultimo respiro, ma si limitò a cadere giù per le scale, rigido come il legno, fermandosi ai piedi di Richard.

    Quest’ultimo lasciò cadere l’arma, chiuse gli occhi, ed esalò un lungo respiro. I muscoli si allentarono, le iridi si rilassarono. Sembrava quasi essere tornato se stesso, come risvegliato da una sorta di trance. E finalmente poteva riflettere.

    Che fosse stato il sussurro di uno spettro, o la sua coscienza che la ricordava, Syl gli aveva chiesto di sopravvivere, per gli altri e per lei. E la promessa è stata mantenuta; aveva vendicato tutti loro.

    Quando riaprì gli occhi, per contemplare quella realtà in cui non gli era rimasto più niente, non vide più l’appartamento, i corpi sanguinanti, i bossoli dei proiettili. Ora si trovava in un posto totalmente diverso: un tunnel, simile ad un sottopassaggio delle stazioni ferroviarie, le cui pareti erano tappezzate di graffiti dai colori accesi, quasi neon, mentre sul “soffitto” le lampade illuminavano tutto l’ambiente.

    -Ma che diavolo..?-

    Guardando se stesso, notò che anche il suo aspetto era cambiato: la giacca, come il resto dei vestiti era intatta e chiusa, senza alcun foro di proiettile o macchia di sangue. Non sentiva più il dolore dei colpi ricevuti, e cosa più importante: non aveva più indosso il medaglione che Syl gli aveva regalato. Richard tastò il petto e cercò in tutte le sue tasche, ma non lo trovò da nessuna parte.

    -Fine dell’incubo, amico!-

    Alzò la testa di scatto verso la fonte di quella voce, che riecheggiava limpida in tutto il tunnel. La persona che si ritrovò davanti era niente popo di meno che una copia carbone di se stesso, in tutto e per tutto, tranne per un particolare: la sua giacca era legata alla vita, mostrando così la camicia a quadri blu nera. Aveva uno sguardo sereno, tranquillo, come se si trovasse in un posto familiare che conosceva bene.

    -..Sono pazzo o sono morto?- borbottò fra se e se, incredulo di ciò che si manifestava davanti ai suoi occhi.
    -Sei uscito da un illusione. Per certi versi, si, puoi essere considerato morto, in quella realtà.-
    -..Odio quando non mi spiegano le cose, quindi andiamo con ordine: chi sei tu?-
    -Uno specchio fin troppo realistico? Andiamo, sei un tipo sveglio, sai già la risposta.-
    -..tu sei..me?-
    -Se per “me” intendi la tua coscienza, psiche, o qualsiasi cosa che venga dalla tua testa, allora si.-
    -…sul serio? Allora, visto che, a detta tua, io sono te e tu sei me…fai il tuo lavoro e dammi chiarimenti.-
    -Be’, allora seguimi; di strada da fare non manca.–


    Iniziarono a camminare, fianco a fianco, come una sorta di fratelli di lunga data; Richard, quello più confuso perlomeno, continuava a fissare l’altro, in attesa che iniziasse a dare una spiegazione. Per quanto ritenesse malata la sua mente, qualcosa di vero ci sarebbe stato, no?.

    -In parole povere, XANA ci ha rapiti e mi ha controllato con la forza, obbligandomi a farti vivere in una sorta di incubo realistico.-
    -Intendi..realistico quanto Lyoko?-
    -In un certo senso, il concetto è lo stesso.-
    -Quindi mi stai dicendo che tutto quello che ho fatto, quello che ho visto..non è successo davvero?-
    -Esatto. Quindi puoi rilassarti: sono tutti vivi. Presto potrai tornare a prendere in giro Edward, a copiare i compiti da Maya..e anche a risolvere la questione con una certa ragazza dai capelli viola.-
    -..Okay, hai detto ciò di cui avevo bisogno, non andiamo oltre.-
    -Perché?-
    -Perché non voglio parlarne, ho altro a cui pensare.-
    -Sai, è più facile mentire al signor Belpois..-
    -Okay, senti, spiegami perché ci continui a pensare?!-
    -Te lo posso chiedere anch’io, in fondo noi due siamo la stessa cosa.-

    -…Vaffanculo-
    -Non ti sbarazzi di me in questo modo, non funziona.-
    -…-
    -Lo sai tu come lo so io: sei innamorato. Come buona parte delle persone di questo mondo..-
    -Ti avevo chiesto spiegazioni, non stronzate.-
    -Quindi Syl non ti interessa? E’ una amica come gli altri?-
    -..Non ho detto questo.-
    -Perché non pensi questo. Andiamo, ragionaci su: chi è che hai salvato dalla morte più volte? Per chi ti sei fatto tranciare un dito per evitare che lo stesso succedesse alla sua testa? Per chi, come prima cosa dopo il Ritorno al Passato, hai interrotto le tue ricerche riguardo a XANA, solo per impedire che lei venisse pestata a sangue, sentendoti in colpa per averla ignorata nel passato?-
    -..Sai già la risposta, no? A che mi serve risponderti..-
    -Già. Sylviane Cellier. O certo, ti stai facendo in quattro per tutti quanti, privandoti del sonno e della salute mentale, pur di poter finire questa storia che tu hai iniziato. E che non hai mai voluto: ho ragione o no?-


    -…-
    -Chi tace acconsente, quindi lascia che ti spieghi perché ti comporti come fai di solito, evitando gli altri quando puoi.
    Tu ti credi un peso ed una sorta di calamità: senti di aver rovinato quindici anni di vita a tua madre, nel solo nascere con quella che, secondo la cartella medica, si tratterebbe solo di “comportamenti istintivi, e distruttivi, in situazioni di estrema tensione, rabbia o pericolo”; non mi pare nulla di che, non vedo le parole “pazzo sociopatico” da nessuna parte. Ma tua madre è comunque scappata via, e pensi che sia completamente a causa tua.

    Senza volere hai risvegliato una Intelligenza Artificiale fuori controllo, che ogni giorno minaccia di distruggere tutto il mondo. Sono stati coinvolti altri tre ragazzi, e ti senti responsabile di aver rovinato le loro vite, costringendoli a combattere una guerra che non hanno mai chiesto, come te.

    Per questo cerchi di evitarli; per questo avevi ignorato quella chiamata, per questo hai tirato una testata al tuo migliore amico. Tu hai paura di rovinare i rapporti con tutte le persone per cui provi qualcosa, che siano amici o di più. Ma anche se provi ad allontanarli da te, non riesci a non farti in quattro per loro, perché senti il fardello della tua scelta di riattivare il supercomputer. Ma non vuoi vedere le conseguenze delle tue azioni.

    E tutto questo, Richard, è decisamente inutile: non hai rovinato la vita a nessuno, e non sei ritenuto il responsabile di nulla. Edward, Maya, Syl, Il Signor Belpois e tutti i vecchi Guerrieri Lyoko: potevano tirarsi indietro, fuggire, non farsi coinvolgere così tanto. Ma sono stati loro a decidere di rimanere accanto a te, fino alla fine. Stanno rischiando le loro vite per te e per tutti quanti, e lo hanno scelto loro.

    Quindi, appurato che le tue paranoie sono inutili, ti rifaccio una domanda: perché, oltre ai tuoi amici, ti fai in quattro, così tanto, solo per Syl?-


    La sua mente aveva appena tirato fuori un monologo che aveva messo Richard, letteralmente, spalle al muro: la loro camminata si era interrotta e il ragazzo era appoggiato alla parete semicircolare del tunnel, lo sguardo vacuo, senza controbattere o svicolare l’argomento. Perché non puoi negare a oltranza ciò che dici a te stesso. E’ inutile.

    -…Perché è l’unica persona che si prende cura di me, più di tutte: lei è quella che mi costringeva a scendere in refettorio quando lavoravo troppo su XANA; lei è quella che mi ha trascinato in infermeria, quando mi sono preso una febbre da cavallo e il mio cervello era in poltiglia; era stata pure quattro ore seduta accanto a me per controllare che non provassi a fare cazzate.
    Lei è quella che si è quasi fatta spezzare la schiena da uno spettro di XANA, per correre a salvarmi mentre congelavo in una cella frigorifera all’Hermitage; e in tutto questo io le avevo riattaccato in faccia quando aveva bisogno di qualcuno che la aiutasse dopo aver preso altre botte un ora prima.

    Non so con quale logica, ma a quanto pare si è presa un colpo di testa per me…valla a capire..-


    -Perché, c’è bisogno di un motivo per voler bene a qualcuno?-

    Un'altra stoccata da parte di Richard, per Richard. Non rispose neanche a questa domanda.

    -Bene, la seduta psichiatrica è terminata! Ora che ne dici di proseguire? Non manca molto all’uscita.-

    Ripresero quindi a camminare lungo il tunnel. Non avevano più nulla da dirsi, dato il loro conflitto era stato risolto. Finalmente Richard poteva dire di sentirsi il cuore decisamente più leggero, e la mente più rischiarata. Un po’ di pace era stata portata in quel chaos labirintico che era la sua psiche.

    La fine del viaggio arrivò presto: nel bel mezzo del tunnel si stagliò davanti a loro, una porta sospesa nel nulla: era fatta completamente di mogano lucido, e i cardini scintillanti non erano attaccati ad alcuna parete. La maniglia, circolare, era fatta di cristallo, su cui vi era inciso il motivo di una rosa; una targa di ottone spiccava sul legno, così come la scritta che recitava.

    “Il Pistolero”

    Tutti questi simboli fecero scattare in Richard un movimento quasi istintivo: andò subito dall’altra parte della porta e, come si era in parte aspettato, non si vedeva più. Era come trasparente, incorporea, permettendogli di vedere la proiezione della sua coscienza che stava in piedi, dall’altra parte. Tornando indietro, però, la porta ricompariva.

    -..Mi stai prendendo in giro? Sul serio?-
    -Ti devo ricordare quali sette libri hai letto e riletto?
    Be’, pistolero, ora il mondo è andato avanti, ed è giunto il momento di varcare la soglia. Attento a non farti strozzare dagli abbracci dei tuoi amici, potrebbero esagerare nel tirarti fuori dallo scanner.-
    -..Aye.-


    Richard prese saldamente la maniglia, e la girò fino a far scattare la serratura. La porta si aprì lentamente, mostrando dall’altra parte una luce gialla neon, e quelle che parevano essere delle pareti di acciaio.

    Girandosi vide che la sua proiezione era completamente sparita. Probabilmente era tornata in lui, rifondendosi al suo corpo. Richard era finalmente tornato se stesso, dopo un lungo e macabro incubo.

    Facendo due passi lenti, varcò completamente la soglia. In un attimo, la porta dietro di lui si richiuse, nel suo secondo ed ultimo scatto.

    19 DICEMBRE, 6.05, CASA DI WILLIAM DUNBAR

    -AAH!-

    William si svegliò di soprassalto, gettandosi fuori dal..letto? Proprio così: una volta riaperti gli occhi si era accorto di non essere più in quella sala caldaie, dopo che quell’operaio aveva tentato di strozzarlo a morte. Non si trovava neanche in un ospedale; quella era la sua camera da letto, pulita e spartana come ogni altri giorno. In effetti, tolti qualche poster di band punk rock, e qualche piccola collezione di vinili o dvd, non aveva molto di appariscente in camera sua. E in generale stava poco tempo in casa, dato che il suo lavoro spesso richiedeva turni lunghi, straordinari o chiamate improvvise.

    Si strofinò vigorosamente gli occhi, per scacciarsi di dosso ogni immagine di ciò che, a prima vista, pareva un incubo. O almeno sperava così.

    “Cosa sta succedendo? Prima i deja vu ogni tanto, poi questo…no, non può essere tornato, XANA non è così discreto negli attacchi. Deve essere stato un incubo.
    Però, forse, è meglio chiedere un giorno o due di permesso. Questa settimana mi sento uno straccio. E poi Natale è vicino, e ho proprio bisogno di stare in santa pace, almeno per un po.”


    Camminò davanti alla sua finestra, spalancandola e lasciando che l’aria fresca di quel giorno invernale entrasse nella stanza per qualche secondo, in modo da poterla respirare e distendere così i nervi.

    “..Un giorno, però, devo andare e controllare con i miei occhi. Non voglio che accada di nuovo. Non potrei permetterlo.”

    10.16, FABBRICA ABBANDONATA, LABORATORIO

    Aelita: -Quindi Jeremy, cosa dicono i dati?-

    La sua voce rimbombò come non mai nella sala del Laboratorio, che in quella giornata era più fredda del solito. In fondo “ieri” era stata una giornata quasi tragica: i ragazzi erano completamente scossi, e Maya..ci volle un ora solo per farla smettere di piangere, mentre si avvinghiava a loro più forte che poteva. Sembrava che avesse visto l’inferno con i suoi occhi..

    Jeremy: -Stando al supercomputer, la situazione è parecchio strana: XANA è svanito nel nulla.-
    Aelita: -Cosa!? In che senso svanito nel nulla!?-
    Jeremy: -Intendo che non c’è più traccia delle sue attività, in nessun settore. E i file dei mostri non sono stati neanche toccati. Sembra quasi che sia scappato via.-
    Aelita: -Cosa pensi che bisogna fare?-
    Jeremy: -..Aspettare, Aelita. Metterò vari firewall e difese passive, ma non possiamo ancora farvi navigare in rete, dovrei ricostruire la Skidbladnir. E in fondo, se XANA scompare per un po’, tanto meglio; i ragazzi hanno bisogno di riposo, sono sconvolti.-

    Aelita: -Hai ragione. E a proposito, cosa è risultato dalle loro analisi?-
    Jeremy: -Innanzitutto ho notato che tutti loro hanno avuto modifiche insolite nel loro DNA, subito dopo essere tornati qui. Nulla di negativo, ma è sicuramente inusuale. Vedrò di studiare i dati e trarre qualche ipotesi.
    Riguardo al loro livello di stress mentale, Edward se l’è cavata meglio di tutti quanti. Sylviane ha avuto sconquassamenti decisamente più significanti, ma..Richard è in testa. Chissà cosa ha vissuto...-

    Aelita: -…Dopo quello che hanno passato, non sono più dei ragazzini. Non so cosa hanno visto, ma sono sicura che..è stato troppo per loro.-
    Jeremy: -Purtroppo devo essere d’accordo con te. Non sono più dei semplici ragazzi. Non possono più tornare ad esserlo…-

    13.47, KADICK, REFETTORIO

    Quella era l’ultima giornata di scuola prima che iniziassero le vacanze di Natale; i professori erano stati buoni abbastanza da non organizzare verifiche all’ultimo momento, quindi gli studenti passavano in compagnia il loro tempo libero, prima di lasciare la scuola e fare visita alle famiglie.

    Tre ragazzi sedevano ad un tavolo, in fondo alla sala; avevano appena finito di mangiare, in fretta e furia, come se fosse l’ultimo pranzo della loro vita. Dopo tutto quello che era successo, erano ben più che grati di poter tornare a mangiare, a camminare e a vivere nel mondo reale.
    Edward era intento a guardare distrattamente il cellulare; Syl aveva già riposto sul tavolo il suo libro. Maya invece reggeva la testa con entrambe le mani, e aveva uno sguardo pensieroso, perso nel vuoto.

    Maya: -..Ragazzi…per voi sono..un peso morto?-

    A Ed quasi cadde il cellulare, mentre Syl alzò subito la testa. Nessuno dei due poteva credere alla domanda che gli era appena stata posta.

    Edward: -Maya, cosa ti salta in mente!? Come puoi pensare di essere un peso?-
    Maya: -Perché non so fare niente! A parte disattivare le torri, non ho altre capacità. Mi sono salvata per pura fortuna, mentre voi rischiavate di morire, e intanto io rimanevo li, ferma e immobile, in preda alla paura..-

    Una lacrima scese sulla sua guancia sinistra, rigandogliela fino al mento; sembrava sul punto di piangere di nuovo. Syl, prontamente, si alzò dalla sedie per andare ad abbracciarla da dietro, in segno di sostegno.

    Syl: -Non dire stupidaggini! Ciò che hai fatto è merito tuo, non del caso. Tu non sei un peso morto, sei una delle persone più importanti in tutto questo. E sei una persona fantastica. Ricorda, hai noi, i tuoi genitori, e i loro amici. E lotteremo per te come per tutto il mondo. Ora smetti di piangere, non ne hai motivo-

    Maya: -*sniff..g-grazie ragazzi..probabilmente siete le persone migliori che abbia mai conosciuto..non so come farei senza di voi.
    Edward: -“E’ compito nostro.”, Maya, ricordi?- Quella frase era diventata quasi il mantra dell’intero gruppo.
    Maya strofino gli occhi con la manica, per asciugare le lacrime dagli occhi arrossati. Un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra, dando un po’ più di serenità al suo volto.

    Maya: -..Richard non è qui con noi…-
    Edward: -Si, da quello che so si è rintanato in camera sua. Chissà qual è stato il suo incubo..-
    Syl: -Vado io a parlargli. O perlomeno, ci proverò.-
    Edward: -Ti ringrazio Syl.-

    La ragazza dai capelli viola lasciò i suoi amici al tavolo, e a passo spedito si diresse all’uscita del refettorio. Da un tavolo distante Jacqueline Auguste provò a formulare la classica presa in giro nei suoi confronti, ormai quotidiana; ma prima che potesse aprir bocca, Syl voltò di scatto la testa e la fissò dritta negli occhi, con uno sguardo glaciale che lasciava ben poco spazio alle interpretazioni.

    “Non. Osare..”

    Uscita dall’edificio, Syl non ci mise molto a raggiungere il dormitorio maschile. Doveva parlare con Richard al più presto, e tentare di trascinarlo fuori da quella camera. Lo aveva già fatto altre volte, ma questa era la più importante.

    CAMERDA DI RICHARD

    Niente casse, niente cuffie, niente PC. Il silenzio regnava in tutta la stanza, Mentre Richard fissava il soffitto, sdraiato sul letto ancora sfatto, coperto di fogli e cianfrusaglie. Lo sguardo era vuoto e distratto, ma la sua mente era in piena opera.

    Stava mandando in loop tutto quello che era successo: l’incubo, il tunnel; l’incubo, il tunnel. Ogni scena era rimasta vivida in ogni dettaglio. Ricorda ancora l’odore del sangue e della polvere da sparo, che permeava in tutto l’appartamento. Ricordava i cadaveri sanguinanti, le loro urla di dolore, e quanto facevano male i proiettili ricevuti. Una videocassetta in costante rewind.

    Non era sceso neanche già in refettorio; non aveva alcuna fame. Era troppo concentrato a ricordare e a pensare a cosa sarebbe successo in futuro. Sentiva che di li a breve avrebbe parlato con una persona in particolare. E se non fosse successo quel giorno, sarebbe accaduto in seguito; non poteva scappare dalla cosa, prima o poi loro due avrebbero parlato.

    Il suono delle nocche sulla porta ridestò Richard, che lentamente si alzò per andare ad aprire, ritrovandosi Sylviane Cellier sulla soglia.
    Quest’ultima vedeva un Richard nella sua condizione più misera: la camicia era scomposta, i capelli ancora più arruffati, e gli occhi..pieni di occhiaie e iniettati di sangue. Sembrava che non avesse dormito per nulla. E come biasimarlo: buona parte della serata scorsa l’avevano passata alla fabbrica, nel tentativo di calmarsi dopo gli eventi a cui avevano preso parte. Ricordava benissimo quando Richard era uscito dallo scanner; neanche il tempo di fare un passo che questi era sotto l’abbraccio di tre persone contemporaneamente. Per poco non lo soffocavano.

    Syl: -..Posso entrare?-
    Richard: -Oh..si..certo, entra pure..-

    Il ragazzo la lasciò varcare la soglia, per poi togliere le varie cianfrusaglie dal suo letto, in modo da offrirle un posto dove sedere. Finirono così per stare l’uno accanto all’altro, restando in silenzio per qualcosa come due interi minuti, senza guardarsi negli occhi.

    Richard: -..di cosa hai bisogno?-
    Syl: -Serve un motivo per venire e sapere come stai?-
    Richard: -…no, suppongo di no..scusami…comunque, va meglio. Voglio dire, alla fine è stato tutto un incubo. Un brutto sogno.-
    Syl: -Già..eh..ho visto tutto. La tua illusione, voglio dire. E non sai quanto mi dispiace..avrei voluto far qualcosa ma..non potevo…

    Richard in quel moment sgranò gli occhi; come aveva potuto vedere la carneficina che aveva compiuto? Cosa pensava di lui, ora che lo aveva visto all’opera?

    Richard: -..tra sette miliardi…- Era un sussurro, flebile ma udibile. E Syl lo aveva sentito bene.
    Syl: -Cosa? Di che stai parlando?-
    Richard: -..Perchè tra sette miliardi di persone in questo mondo hai scelto di prenderti una cotta per me!? Voglio dire, mi hai visto: non sono capace di controllarmi che credo a delle illusioni, e guarda cosa ho fatto, una strage! Che qualità ho? Tutto ciò che ho fatto è stato mettervi nei pasticci, prima con Lyoko, poi con ques- AHIA!-

    Non era riuscito a vedere lo schiaffo che gli era arrivato in pieno volto, tirato da Syl stessa; quest’ultima ora gli aveva preso il volto con entrambe le mani, costringendolo a vederla faccia a faccia. Il suo sguardo era un misto tra l’arrabbiato e il compassionevole.

    Syl: -Smettila di metterti così in basso, Richard! Tu non vuoi ammettere quanto vali! Sei in gamba, hai coraggio, sei simpatico… e non hai paura di sacrificarti per noi! Eri disposto a farti sparare pur di vendicarci tutti! E questo mi basta per amarti e voler stare insieme a te! Non ho bisogno di altri motivi!

    Non provare neanche a dire che è stata colpa tua, perché ne tu ne noi altri potevamo sapere cosa sarebbe successo! E per l’amor del cielo, smettila di fare tutto da solo e lavorare fino allo sfinimento, senza chiedere mai una mano! Se credi di essere un peso per noi ti sbagli. So che lo stai facendo per noi, e non sai quanto ti siamo grati, ma ti prego. Smettila di svalutarti così!-


    Tutte quelle parole avevano fatto crollare una barriera: Richard in un batter d’occhio aveva stretto Syl in un forte abbraccio, mentre aveva affondato il volto nelle spalle della ragazza. Non uscivano ne lacrime ne singhiozzi, ma era come se fosse scoppiato in lacrime. Allontanò la testa, per aver modo di parlare.

    Richard: -..ti ringrazio Syl. Non so come dirtelo in una maniera che non sembri clichè, o ridicola, ma…ti voglio bene. Molto.-

    Un sorriso affiorò sulla bocca della ragazza, esprimendo tutta la sua felicità nel sentirsi dire queste parole, specialmente da lui.

    Syl: -Questo lo so. Anche se penso..che sia più corretto dire “ti amo”-

    E lo baciò. Puro e semplice. Entrambi rimasero così, per un buon numero di secondi, nessuno che rifiutava l’altro. Si staccarono quando si accorsero di aver bisogno di respirare.

    Syl: -..uh..il resto lo faremo un'altra volta..- Questa frase, corredata da un suo occhiolino, aveva fatto tornare il colore sul volto di Richard. Non si era mai aspettato di avere davanti a se una ragazza così diretta su certi argomenti..

    Richard: -..quindi..possiamo considerarci…una coppia?-
    Syl: -Be’, se per coppia intendi ragazzo e ragazza...dipende, tu lo vorresti?-
    Richard: -….Penso proprio di si..-
    Syl: -E allora così sia.-

    Syl prese la sua testa e l’appoggiò sulle sue gambe, iniziando ad accarezzargli i capelli, in silenzio. Dall’altro canto Richard si trovava in un limbo tra due sentimenti: da una parte era abbastanza imbarazzato, dato che non era mai arrivato ad essere così in intimità con una persona, figuriamoci una ragazza, e soprattutto così in fretta. Dall’altra invece sentiva una sorta di pace; tutti i ricordi dell’incubo sembravano diventare sempre più sbiaditi, quasi scomparendo, mentre rimaneva il presente, in cui Richard, finalmente, poteva dire di sentirsi bene.

    Syl: -Richard?-
    Richard: -Si?-
    Syl: -Passerai le vacanze con la tua famiglia?-
    Richard: -..non proprio: mio padre mi ha telefonato, e mi ha detto che per natale non riesce a ospitare gente; sono stati nel bel mezzo di un trasloco, e ora vivono più lontani da Parigi. Mi hanno chiesto però di passare per capodanno.-

    Syl: -Capisco..allora ho una proposta da farti: ti va di passare il Natale da me? La mia famiglia abita fuori città, in un paesino nella campagna. Potremo riposare e stare insieme per le vacanze.-
    Richard: -..Sei sicura Syl? Voglio dire, per me non è un problema, ma i tuoi? Per dire, si vedranno piombare un ragazzo in casa..-
    Syl: -Gliene ho già parlato. O meglio, in generale gli avevo già parlato di te; non di Lyoko, ovviamente. E sarebbero più che felici di ospitarti. Anche perché, per certi versi…credono che tu sia praticamente il mio ragazzo..-
    Richard: -Be’, direi che da oggi lo sono. E se non hanno problemi…allora verrò di sicuro. Stare qui da solo al Kadick mi porterà al suicidio..-

    Syl: -Ottimo! Oh, un ultima cosa. Per questioni di spazio..dovremo condividere la mia camera…. e molto probabilmente il mio letto.. non ti da fastidio, vero? Cioè, possiamo mettere una brandina nel caso..non ti senta a tuo agio..-
    Richard: -Oh.. no no, non mi da fastidio..cioè, sempre se non lo da a te…-
    Syl: -..Tranquillo, nessun fastidio per me…e poi così potremo..”conoscerci meglio”, non credi? Hihihihi… -
    Un altro colpo di rossore attraversò la faccia di Richard, che lentamente sarebbe potuta diventare rosso peperone.

    E restarono così, l’uno a confortare l’altro, senza aver bisogno di altre parole.

    Per certi versi, seppur non dimostrandolo esplicitamente, sono sempre stati una coppia. Si sono sempre aiutati a vicenda, hanno condiviso il tempo libero, e l’uno ha cercato sempre di salvare l’altra, e viceversa. Oggi hanno reso la cosa più..ufficiale.
    Del resto, ormai non erano più dei semplici ragazzini.

    Erano cresciuti, nel bene e nel male. Ora erano guerrieri. E oltre a salvare il mondo, dovranno salvare se stessi.
     
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