Prototipo Fanfiction

I deliri di un utente appassionato

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    Aelita Fan
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    Capitolo 8: Violenza Onirica - parte 1



    19 DICEMBRE, 00.35

    CAMERA DI RICHARD

    Non era ne addormentato ne sveglio; in quel momento Richard si trovava in una specie di limbo tra la stanchezza e l’essere ben svegli, mentre ripensava, come sempre, a tutti gli eventi passati e presenti, quasi come se volesse fissarli bene nella memoria, come dei post it.

    Dicembre era già arrivato, il Natale (“perché festa della Tassa sulla (Falsa) Felicità era poco d’effetto”) era decisamente vicino, ma l’atmosfera e la situazione non erano certo festive: ad oggi, il file recuperato dal server della NCP, dopo un tesissimo duello tra lui e un misterioso hacker professionista, era decodificato solo al 50%; quella versione di Hoppix in cui era stato scritto era dannatamente complessa da interpretare.
    E dire che non stava facendo tutto lui: Jeremy e Aelita, essendo geni dell’informatica, si erano mobilitati subito per dargli una mano, evitandogli le notti insonni e il conseguente nervosismo. Ma non erano ancora arrivati a buon punto.

    Però c’era qualcosa di strano in tutto questo: nei mesi successivi al “duello” digitale, XANA non aveva attaccato. Letteralmente il vuoto più totale, mentre prima era un vero e proprio martello pneumatico di calamità.

    Inutile pensarci continuamente; per quanto lento, ce la stiamo facendo. E ora a nanna, prima che mi venga voglia di lavorare di notte.

    La lista dei pensieri tuttavia non era finita, e ciò continuò a privare del sonno al ragazzo. Soprattutto perché era un qualcosa dall’importanza più personale: Sylviane Cellier, meglio conosciuta come Syl.

    Entrambi si trovavano in quella che Richard definiva “la più strana relazione umana che abbia mai avuto”: era come se ci fosse una specie di molla fra i due, dato che sembravano sempre avvicinarsi, ma senza mai arrivare ad un punto. Ora, non sarebbe possibile stilare ogni singolo momento (che sia stato durante un attacco di XANA o meno) in cui c'è stato un progresso nel loro rapporto: sia perché si tratta di giorni e giorni di avvenimenti, sia perché si trattava di questioni sottili, ma allo stesso tempo con una loro silente importanza.
    Ma se quella specie di dichiarazione, o stuzzicamento, fatta da Syl tempo addietro era stata la scintilla, il 4 ottobre era stato il fuoco che aveva iniziato a divampare: perché è da quello stesso giorno che entrambi, più o meno inconsciamente, si erano ritrovati l’uno a guardare le spalle dell’altro, sia su Lyoko che nella vita “normale”, e potevano dire di aver sviluppato un forte legame mai esplicitato a parole.

    Richard non lo ha mai detto a nessuno, ma quel giorno autunnale si era sentito in una doppia colpa: non solo perché si sentiva un po' uno schifo (seppur non sapeva dare il motivo preciso di tale sentore) nell’aver lasciato piangere un amica pestata di botte, riattaccandole la chiamata in faccia quando lei aveva bisogno di lui, ma soprattutto perchè aveva scoperto solo in seguito che Syl, nonostante tutto, aveva tentato di correre in suo soccorso (mentre Richard congelava nella cella frigorifera, con una mano bruciata), facendosi quasi spezzare la schiena da uno spettro di XANA.
    E Richard non si era mai sentito così preso in considerazione, per di più da qualcuno arrivato al punto di immolarsi per salvargli il culo da una morte quasi certa. Non sapeva spiegare il perché Syl fosse arrivata fino a tanto, a preoccuparsi così tanto per lui, quello che ha messo su di lei e su tutti loro il peso di dover proteggere il mondo, per colpa sua e della sua maledetta curiosità?

    E più il tempo passava, più Richard vedeva in Syl un qualcosa che la sopraelevava di una tacca rispetto, ad esempio, alla sua amicizia con Edward; con Maya poi aveva una sorta di relazione di "fratello maggiore", anche se tutti nel gruppo la trattavano un po’ come una “principessa 2.0”, tanto per citare Odd Della Robbia.

    Ma non era ancora arrivato ad un punto che gli permettesse di rispondere ad una domanda che continuava a farsi da mesi: come poteva definire la sua relazione con Syl, e soprattutto, cosa provava lui?

    Di fronte a queste continue domande il cervello decise di farlo sprofondare in un sonno via via sempre più pesante. Solo per un piccolissimo attimo gli era sembrato di sentire in lontananza l’eco di una porta che veniva aperta. Bah, magari uno studente aveva voglia di sgattaiolare di sotto, cose così.
    +++

    CAMERA DI SYL
    Con quel colpo secco delle pagine, un altro libro era finito: e mentre Syl, nel cuore della notte, ripose quel romanzo (rigorosamente horror psicologico) sul comodino accanto al suo letto, un piccolo filo di pensiero si stava dipanando nella sua mente:

    Perché, proprio tra 7 miliardi di persone sulla terra si era andata ad infatuare proprio di Richard?

    Perché, perché…quella parola non le era mai piaciuta fin da piccola, quel continuo richiedere un motivo preciso, logico, o altro, per qualsiasi cosa l'ha sempre infastidita. Ma non poteva neanche fare a meno di cercare una risposta valida, elencando i vari momenti che hanno determinato l'infatuazione per quell'angloscozzese: la prima volta che aveva sentito una sorta di sentimento nei suoi confronti era stato quando lei, mentre era ad un passo dall'essere disintegrata in eterno da un mare fatto di pixel e dati, venne salvata da Richard, che aveva reagito senza alcuna esitazione; cosa che, al di fuori della sua famiglia, avrebbe ritenuto impossibile che accadesse.
    E ciò l’aveva colpita così tanto da dargli, come una specie di ringraziamento/premio, un incrocio tra una dichiarazione e un giocare un po’ con lui, con quel bacetto dato il giorno dopo (anche se è meglio dire giorno prima). Poi c’era stato il 4 ottobre, quando quel pestaggio subito da Auguste & Co. aveva risvegliato in lei ricordi che da tempo aveva seppellito, come in una bara; e Richard stesso quella volta aveva fatto vacillare in lei la fiducia posta nei suoi confronti; ma era anche il giorno in cui, come prima cosa, si era ricordato di chiedere perdono per il suo gesto di abbandono nei suoi confronti. E già a quel tempo, sapendo quanto quel ragazzo lavorasse giorno e notte per tutto il gruppo, l'aveva prontamente capito e perdonato.

    Ma solo in seguito Syl aveva appreso, tramite una chiacchierata privata con Edward, il passato di Richard e di come fosse stato abbandonato dalla famiglia per un motivo abbastanza futile e fumoso; la ragazza francese riconobbe in lui una persona che non aveva nessuno che si preoccupava per lui, se non loro stessi, gli amici, più dei suoi stessi tutori (che male certo non lo trattavano, anzi).
    Era arrivata a provare una sorta di comprensione, compassione e forse si, anche una sorta di amore, nei suoi confronti, e ciò aveva portato entrambi ad una sorta di "amicizia approfondita", anche fuori dalle lotte contro XANA.

    Ma la domanda rimaneva: perché si era innamorata di Richard? E soprattutto: cosa pensava davvero lui di lei?

    Mhh.. sapendo che è un tipo decisamente diretto….si, meglio che un giorno glielo chieda senza timore; preferisco un no ad un continuo silenzio, o un tira e molla nel quale nessuno di noi decide di farsi avanti. Ma ora, meglio mettersi a dormire, domani sarà una mattinata pesante…

    Chissà chi ha appena aperto la porta nel corridoio? Solitamente a quest’ora dormono già tutti...

    +++

    00.48 – CAMERA DI MAYA
    Quando si dice avere il sonno leggero: era bastato quella specie di tonfo, proveniente dal di fuori della porta di camera sua, per svegliarla all’improvviso. Capelli scompigliati e intontita dal sonno, Maya si trascinò, quasi a fatica, verso la porta, per poi aprirla quanto bastava per dare un occhiata nel corridoio: non c’era nessuno e nulla pareva essere caduto a terra.

    Che fosse stato un sogno o meno, non importava; Maya aveva solo voglia di tornare a dormire. Ma in quei giorni stava diventando difficile, e lei sapeva bene perché: si sentiva un peso per il gruppo.

    Si, era così importante perché solo lei e sua madre potevano disattivare le torri, e perciò lei veniva protetta dal resto del gruppo. Ma appunto, protetta, come una bambina indifesa: non poteva combattere, ma solo fuggire, mentre erano gli altri a doversi fare in quattro per farla passare attraverso quella torre virtuale, sapendo che se lei non fosse riuscita ad attivare il Codice Lyoko, sarebbe stato l’inizio della fine. E in fondo, non aveva mai chiesto questo fardello, voleva solo vivere una vita tranquilla.
    Ma anche se potevano riavvolgere il tempo, non potevano farlo con le scelte.

    E forse dormire avrebbe scacciato questi pensieri. Pensare troppo non permette di essere lucidi e scegliere l’opzione migliore.
    Ma ancora: chissà chi era lo studente che a quell’ora girava nel corridoio..
    +++

    8.32, CANCELLO DEL KADICK

    “Molto bene, signor Poulain, le faremo sapere al più presto di qualsiasi informazione che otterremo; i ragazzi non possono essere certo svaniti nel nulla. Le manderemo presto anche i risultati della perquisizione nelle loro camere.”
    Sig. Poulain: “Capisco. La ringrazio, agente, mi affido a voi.”

    Così come era lugubre il cielo nuvoloso, lo era anche la situazione di quel giovedì mattina al Kadick, mentre la sirena della volante suonava sempre più in lontananza: tre studenti scomparsi nel nulla, senza lasciare alcuna traccia; e indovinadi chi si tratta…

    Il signor Poulain era addolorato, ancor più degli studenti e del corpo docenti; in quanto preside era suo dovere proteggere ogni singolo ragazzo che risiedeva e studiava sotto il tetto del collegio; e oltretutto aveva il “difetto” di affezionarsi troppo ai ragazzi, come un nonnetto con i nipoti, facendolo stare ancora più male per questa tragedia. Quindi aveva anticipato ad oggi la sospensione tutte le lezioni; erano già tutti abbastanza tesi senza dover pensare a verifiche e compiti vari, e comunque da domani sarebbero iniziate le vacanze, dove i ragazzi sarebbero andati dalle famiglie, mentre pochi sarebbero rimasti al collegio.

    Intanto, sotto una sezione appartata del porticato dell’edificio, era radunato tutto il vecchio quintetto, più Maya.

    Odd:”Io credo che XANA abbia invitato degli ospiti con molta insistenza.”
    Maya:”Lo penso anch’io, se solo non fosse…”
    Jeremie:”..che non è segnalata nessuna torre attiva; e stavolta il superscanner non sembra difettoso.”
    Yumi:”Però rimane troppo strano che tre studenti scompaiano nella notte; soprattutto se si tratta di loro, che non sono certo imprudenti.”
    Aelita:”Sono preoccupata anche di un'altra cosa: la polizia sta perquisendo le loro stanze, e di sicuro controlleranno PC e cellulari; e se scoprissero tutto riguardo a Lyoko?”
    Maya:”Questo non sarà un problema; Richard ha trovato il modo di evitare che qualcuno ficchi troppo il naso in giro…”
    Ulrich:“Speriamo bene.”
    +++

    9.13, STANZA DI RICHARD
    Questo era il caso più strano a cui aveva mai lavorato; non solo per la situazione in se, ma anche perché era tornato al Kadick dopo tanto tempo. Gli mancavano quei corridoi, le aule, il dormitorio; anche gli amici, nonostante per un certo periodo era stato d'intralcio per loro.

    Intanto Richard Allen non sembrava essere un ragazzo sospetto: manuali da gioco, fumetti.. nulla di illegale o di insolito, insomma.
    In quel momento la sua ricetrasmittente iniziò a crepitare..

    “Agente Dunbar, mi riceve?”
    “Signorsì; avete scoperto qualcosa sulla ragazza?”
    “Credo proprio di sì. In un cassetto della biancheria, sotto un doppiofondo, c’erano due oggetti: un semplice tagliacarte ornato… e una siringa vuota.”
    “Mh. Droghe, dite?”
    “Chi lo sa, non sono state trovate tracce di alcuna sostanza stupefacente. Forse questi sono oggetti lasciati dalla studentessa che alloggiava qui l’anno scorso.”
    “Capisco. Nel caso dell’altro ragazzo, Richard, non ho trovato nulla di insolito; ora darò un ultima occhiata allo smartphone e qui avrò finito.”
    “Ricevuto.”


    William Dunbar collegò con il cavo il computer di Richard al suo smartphone, in modo da accedere ai suoi file: anche stavolta, esplorando tra le varie cartelle e file, non sembrava esserci nulla di strano, niente che potesse essere un indizio sulla sparizione sua e degli altri due studenti. Sennonchè…

    Aspetta, questa cartella è criptata! Forse ho trovato qualcosa di interessante..

    Le forze dell’ordine, e quindi anche William, erano state recentemente addestrate a forzare ed aprire contenuti criptati nei computer e nei cellulari dei sospettati, abilità necessaria nel mondo tecnologico odierno; inoltre si potevano scoprire tante cose nei dispositivi delle persone, talvolta tra le più bizzarre..

    Ok, sembra essere stato facile! Vediamo cosa ha da nascondere il nostro studente scomparso…

    Appena aprì la cartella, ora decriptata, avvennero le seguenti cose: lo schermo sembrò bloccarsi, non rispondendo più ad alcun comando di tastiera o di mouse; poi iniziò a lampeggiare, mostrando ad una velocità quasi disumana immagini, frame e glitch sullo schermo; infine sia il cellulare che il pc “esplosero”: in un mare di scintille scaturite dai dispositivi, i circuiti si erano bruciati , diventando così un ammasso di pezzi di metallo fumante, completamente inutile e dal forte odore acre.

    “Ma che diavolo è successo!?”

    Non era comune nelle indagini di polizia assistere a computer che, “magicamente”, saltano in aria dopo aver cliccato su una cartella; la storia si faceva sempre più complicata: chi poteva aver rapito tre studenti qualunque, e perché? Inoltre, cosa diavolo c’era in quella cartella criptata?

    “Signore mi riceve? Qui è sempre l’agente Dunbar: avevo appena trovato un file criptato nel telefono del ragazzo, ma quando ho provato ad accedervi sia lo smartphone che il computer sono “scoppiati” e si è bruciato tutto. La faccenda diventa sempre più strana. ”
    “Ricevuto. Chiederò di portare via i dispositivi e vedremo se si può recuperare qualcosa; Per oggi ti concedo la serata libera.”
    “La ringrazio Signore, chiudo.”


    William decise quindi di andarsene subito dall’edificio, e salire in macchina. Ironicamente ne il gruppetto di “conoscenti” di vecchia data ne lui si erano visti durante le perquisizioni.
    Messo in moto l’acceleratore e iniziando a dirigersi verso la stazione di polizia per lasciare la volante, William pensava a quanto caotici erano stati questi mesi, a partire da ottobre: oltre alla misteriosa figura collegata al terrorismo, fuggita dalla Repubblica Ceca e attualmente ricercata, un altro fatto, stavolta più macabro, era avvenuto alla fine di quel mese ora lontano, e non in Francia, bensì in America: due coniugi erano stati massacrati nel modo più inusuale, ovvero da una veicolo militare blindato che, tramite la sua mitragliatrice fissa, aveva aperto il fuoco sulla casa, uccidendone marito e moglie. Ma non poteva esserci nessun conducente arrestato per il terribile gesto, dato che questi si era suicidato subito prima dell’arrivo della polizia e della SWAT. Ricordava anche che i poveretti avessero una figlia, ora finita in adozione chissà dove.

    E oggi tre studenti, nello stesso collegio dove era stato posseduto da un intelligenza artificiale impazzita per un bel po' di tempo, erano scomparsi, (quasi) senza alcuna traccia.

    Ma non poteva certo essere tornato no? Cioè si, in questi mesi aveva avuto qualche dejavu, ma sicuramente era stata una sua impressione: il suo lavoro era stressante di suo, e diciamocelo, non si può certo imputare a XANA la colpa di tutti i crimini e degli avvenimenti strani; il mondo ne è pieno.

    Vero?
    +++

    LOCAZIONE SCONOSCIUTA
    Nel momento in cui riprese i sensi sentiva la faccia incollata ad un materiale legnoso e ruvido, ma l’aria tuttavia era fresca. Il suo corpo però aveva una strana sensazione, come se in quel posto ci fosse solo per metà, con metà dei nervi andati.

    Edward, rendendosi conto di essersi svegliato, si alza faticosamente dal pavimento. Se questo era un sogno, allora era abbastanza strano: si trovava in una specie di casa totalmente fatta di legno scricchiolante ad ogni suo movimento, completamente vuota, senza nessuna mobilia, e dalle finestre vecchie e sudicie.
    L’unico oggetto presente nella stanza era una.. una sciabola polacca? Non sembrava avere alcun senso, eppure era li, senza il fodero, lucida e dall’aspetto nuovo di zecca.

    Ma…che razza di sogno è questo?

    Provò a eseguire la prova del 9: tirarsi uno schiaffo sulla guancia e vedere se si fosse svegliato nella sua camera al collegio. Nulla: e la cosa più strana era che si rese presto conto che tutte le sensazioni tattili, visive ed uditive, erano troppo accurate per essere frutto della sua immaginazione. Aveva capito che questo non era un semplice sogno, ma non sapeva dire con certezza se si trattasse di un posto reale.

    No…no! Come sono finito qui!?

    Il panico gli stava pompando nelle vene al pari di una dose di eroina: doveva fare qualcosa, iniziare a capire meglio questa pazza situazione. Primo passo: verificare la presenza di altre persone.

    “Richard! Maya! Syl! Ci siete!? C’è nessuno qui!?”

    Ci fu una sorta di risposta: il solito scricchiolio del legno, che confermava la solitudine di Edward in quel luogo.
    Era da solo, spaventato, senza i suoi amici, in un luogo talmente remoto che per quanto lo riguardava poteva essere al confine del creato.

    Edward era rimasto paralizzato nell’umano terrore della solitudine, ma prese un attimo di coraggio: forse uscendo avrebbe avuto più chiara la situazione, non che potesse fare altro dentro quella catapecchia. Senza pensare, il suo istinto di schermidore sportivo lo indusse a prendere dal pavimento la sciabola polacca, il suo manico gelido al tatto, ma comodo. Appena sollevò l’arma da terra, notò un accenno di movimento su una delle quattro pareti della stanza: la porta sembrava essere apparsa proprio nel momento in cui Edward aveva raccolto la spada; non aveva notato che prima la porta non c’era, o meglio, ne aveva dato per scontata la presenza.

    Lentamente, e con la spada in mano, punta rivolta avanti a se, Edward aprì la cigolante porta di legno: la luce esterna, più forte, lo accecò per qualche secondo, ma appena riacquisita la vista Eward fece un paio di passi oltre la soglia, ammirando il posto in cui si trovava ora: una sterminata brughiera, che sembrava continuare oltre l’orizzonte, mentre il sole iniziava a tramontare, dipingendo il cielo di rosso e arancione.

    Edward: “… Dove sono finito!?”

    “Dove farai una scelta!”


    La testa del ragazzo si girò di scatto verso l’origine di quella voce tonante, ma dal suono..finto: ciò si era tradotta in una figura oscura e imponente, il cui volto era celato da una maschera nera, senza alcuna forma o ghirigoro che ne delineasse bene le fattezze. Era vestito al pari di un nobile dell’Est Europa del 1500, ma portava una mantella sulla spalla, con sopra ricamato uno stemma che, per quanto stilizzato e geometrico, invece che rotondo, Edward aveva subito riconosciuto: l’occhio di XANA.

    Edward: “XANA! Dove mi hai portato e cosa hai fatto a tutti gli altri!”
    “Parzialmente errato! Io sono anche una parte di te, ragazzo mio: un tuo timore..”


    La figura alzo lentamente una mano guantata, rivolgendone il palmo verso Edward; quest’ultimo si ritrovò subito con la vista annebbiata e le orecchie che fischiavano: dentro di se percepiva qualcosa… erano i suoi amici: non poteva vederli ne sentirli ma aveva una sensazione sicura, più sicura del suo stesso essere vivo, che fossero in pericolo, in un posto a lui irraggiungibile.
    Appena riprese il controllo dei suoi sensi, Edward era lacrimante e furioso; le nocche della mano destra, nel stringere così forte la sciabola, erano diventate bianchissime.

    Edward: ”Maledetto, cosa hai in mente!? Lasciali andare subito!”
    “Solo se avrai successo. Ti sfido a duello: se vinci potrai salvarne due, ma uno morirà; se perdi uno scelto da me sopravvivrà, e gli altri moriranno. Oppure puoi ritirarti, ma vivrai solo te.”

    Edward: “Che razza di regole sono queste!? Qualcuno morirà comunque!”
    “Ogni cosa ha un prezzo, ragazzo mio, e in fondo lo sai bene: l’eroismo si paga. Accetti la sfida?”


    Era il dilemma peggiore di tutta la sua vita, ma Edward non voleva crederci in alcun modo: No, doveva essere un trucco, c’era la risposta da qualche parte, e non era fuggendo che l’avrebbe trovata.

    Non devo fuggire..Non devo fuggire!

    Edward: “D’accordo XANA, accetto la sfida!”
    “Sciocco, non vuoi proprio accettarmi come parte di te…”

    I due combattenti stavano a distanza, le punte delle loro lame quasi sul punto di incontrarsi.

    Con uno scatto Edward lanciò i primi tre colpi, due diagonali e uno orizzontale, facendo mulinare la lama con fluidità: furono parati tutti e tre con incredibile rapidità e grazia dell'avversario, e nello scambio Edward dovette fare un passo indietro per bloccare un contrattacco che gli avrebbe potuto danneggiare seriamente il braccio sinistro.

    Riprese le distanze, si apprestava a iniziare il duello vero e proprio; quello era solo il riscaldamento.
    +++

    CENTRALE DI GESTIONE DELLA RETE FOGNARIA
    Gilbert Mallet sarebbe voluto essere in qualsiasi altro posto, piuttosto che dover aiutare a gestire la melma della gente: da piccolo era il classico figlio di papà, viziato e era sicuro che la vita gli sarebbe stata raggiante, tutta solo per lui. Peccato che il paparino si trovò in problemi economici talmente gravi che la famiglia sprofondò nella povertà, costringendo Gilbert, dopo degli studi condotti in modo pessimo, a dover ripiegare su un lavoro come questo; ok, in realtà le fogne non le toccava direttamente, più che altro aiutava nella gestione delle centraline, ottenendo l’accesso a varie sale di controllo. Ma il sol pensiero di lavorare per la rete fognaria gli dava alla nausea. Sta di fatto, però, che bisogna pur campare.

    In quell'esatto momento aveva appena finito il suo primo turno, e sentiva proprio il bisogno di usare il bagno: aperta la porta dello squallido posto, e dopo aver utilizzato la toilette, si recò al lavandino per potersi lavare: solo che quando aprì il rubinetto, l’acqua che ne uscì era completamente nera: questa poi, talmente in fretta che Gilbert non poteva neanche rendersi conto della situazione, diventò una sostanza che gli risalì tutto il braccio, fino al volto, per poi entrargli nel naso, nella bocca e negli occhi.
    Cadde a terra come un morto stecchito, per poi riprendere i sensi dopo una manciata di secondi.
    Guardandosi allo specchio, XANA ammirava il corpo appena posseduto: un’identità che gli avrebbe permesso di mettere a segno un ultimo attacco prima di concentrare tutta la sua attenzione ben altrove rispetto a Lyoko. O la Francia.
    +++

    SECONDO LUOGO SCONOSCIUTO
    SI risvegliò di soprassalto dal letto, madida di sudore: era come se stesse dormendo tranquillamente, fino a quando il suo cervello aveva registrato una specie di scossa; era stata una sensazione strana, come se avesse sentito qualcosa cambiare nell’ambiente circostante.

    Syl scese subito dal letto, allarmata, per poi constatare in un paio di secondi di essere andata a letto vestita di tutto punto; non si ricordava questo particolare dettaglio. In quel momento pensava solo di essersi svegliata per caso, mentre qualcuno nel corridoio aveva fatto ancora casino, chi lo sa. Si avvicinò quindi alla finestra che dava sul parco, per poi aprirla, in modo da prendere una boccata d’aria. Nel cielo però c’era qualcosa che non andava: erano letteralmente sparite le stelle, e la luna era nuova, ovvero rivolta dalla parte non illuminata.
    Ma non era nuvoloso, quindi il cielo era effettivamente vuoto, vacante; la luce era fornita solo dalle lampade elettriche e dai lampioni fissati nel cemento delle strade.

    Un attimo.. c’è qualcosa che non mi torna; ma non devo andare nel panico, ora uscirò dalla porta e andrò a svegliare Maya. Probabilmente si tratta di un’allucinazione mia, un sogno…o almeno spero..

    Lentamente e senza far rumore aprì la porta della camera, uscendo così nel corridoio del dormitorio femminile; le luci, ovviamente, erano spente e nell’aria c’era un odore di desolazione, come se Syl si trovasse in un luogo abbandonato da molto tempo. Inutile dire che la sensazione non gli piaceva proprio per niente.

    A passo felpato si dirisse verso la porta della camera di Maya, facendo per bussare leggermente con una sola nocca; ma appena sfiorò la porta questa si aprì da sola, lentamente e cigolante.. mostrando la stanza era vuota: di Maya neanche l’ombra, il letto in ordine come se non fosse stato mai usato, le scrivanie spoglie, i muri nudi da qualsiasi poster o scaffale. L’unica cosa degna di nota che era presente nella stanza era… una torcia elettrica lasciata per terra.

    No…no: usiamo la testa Syl. Si tratta solamente di un sogno lucido… sebbene lo senta fin troppo reale… proviamo a cercare Richard.. girando dovrei riuscire a svegliarmi..

    Prese la torcia elettrica dal pavimento, la mano leggermente tremante che tradiva un certo nervosismo nell’animo della ragazza: c’era qualcosa che non andava in questo posto, e sotto sotto voleva cercare Richard nel dormitorio maschile perché aveva, nel profondo, la paura che fosse sparito anche lui.

    Uscendo dalla camera era a metà strada tra il centro del corridoio e la porta d’uscita che dava sulle scale, quando notò altri due particolari inquietanti: il primo, il più (relativamente) tranquillo, era che tutte le porte delle camere erano aperte, e al loro interno erano vuote come quella di Maya. Erano spariti tutti.

    Il dettaglio più inquietante lo vide quando sentì un leggerissimo sibilo dietro di lei; non era un sibilo di vento, ma sembrava più un.. respiro. Girando la testa vide la fine del corridoio del dormitorio femminile. Anzi no: vide una parete completamente nera, senza luce alcuna anche quando la ragazza puntò la torcia in quell’esatto punto, che sembrava sovrapporsi alla parete del fondo del corridoio. Sembrava un qualcosa che non sarebbe dovuto essere li, un qualcosa di alieno. Fissando quella specie di macchia nera, senza fare alcun passo che la avvicinasse troppo, Syl si rese conto di avere una sensazione terrificante: si sentiva fissata da quella strana ombra.

    “E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te…”
    +++

    STRADE DI PARIGI
    Addio riposo: proprio nel momento in cui la stazione di polizia era praticamente a poca distanza da lui, la radio della volante di William iniziò a crepitare. E ciò significava altro lavoro.

    “Qui l’agente Dunbar, cosa succede?”

    “A tutte le volanti nella zona: un impiegato nella centralina della rete fognaria ha iniziato ad aggredire il personale; temiamo che ci possano essere feriti, o che voglia manomettere il sistema fognario. Sembra essere pericoloso, quindi siate cauti, e per legittima difesa potrete aprire il fuoco.”

    “Ricevuto Signore, chiudo.”


    In quel momento dalla stazione di polizia partirono altre quattro volanti dirette alla centralina della rete fognaria, e William si unì a loro. L’unica cosa buona di tutto questo è che si trattava di un operazione più.. adrenalinica.
    +++

    FABBRICA ABBANDONATA, LABORATORIO
    Jeremy: “Oh no, no, NO! E’ un disastro!”

    Il quintetto più Maya aveva deciso all’unanimità di controllare il supercomputer: se il superscanner del portatile di Jeremy o del cellulare di Maya non funzionavano, forse era stata causa di XANA; che fosse riuscito a bypassare quei radar? A quanto pare sì.

    Odd: “Quindi, hai scoperto dove sono finiti i nostri tre bambini sperduti?”
    Jeremy: “Si, e purtroppo la situazione è disastrosa!”
    Maya: “Cosa intendi dire papà!?”; dentro la sua testa iniziava a diffondersi la paura e il panico, mentre il cuore stava battendo ad un ritmo sostenuto.
    Jeremy: “XANA gli ha rapiti e scannerizzati in una bolla di simulazione nella rete! Stanno vivendo in un mondo che sembra reale, ma in realtà è tutto finto; non è la prima volta che usa questo trucco!” E Aelita lo ricordava bene: in una di queste bolle di simulazione pensava di aver re-incontrato il padre, ma anche quella volta si trattava del solito tranello.

    Ulrich “Beh non mi pare così grave: disattiviamo la torre e li liberiamo, no?”
    Jeremy: “No, è peggio! Guardate qui: sto monitorando i loro impulsi vitali, e stanno lentamente calando! E tutto questo mentre sono attivate 2 torri! In parole povere: dobbiamo fare in fretta o… o moriranno di morte cerebrale!”

    Se la paura fosse una persona, in quel momento stava strozzando Maya più di tutti: non era la solita missione di disattivazione di una torre: qui la loro vita era ancora più in gioco. Le paranoie e il terrore di non farcela le stavano offuscando la mente, in uno sguardo che mostrava appieno il significato della parola terrore.

    Yumi: “Come ci dividiamo, allora!?”
    Jeremy: “Ulrich, devi portare Aelita alla torre attiva nel settore Foresta; Yumi, Odd, proteggete Maya e disattivate la torre nel settore Montagna! E vi prego: fate più in fretta che potete!”
    Ulrich: “Non ti preoccupare Jeremy, li libereremo prima che XANA possa dire “a”! ”
    Non avevano neanche il tempo di usare l’ascensore, optando direttamente per le scale.

    TRASFERIMENTO

    SCANNER

    VIRTUALIZZAZIONE
    +++

    CABINA TELEFONICA SFASCIATA, STRADA PARIGINA SCONOSCIUTA
    Non era il modo migliore di terminare il proprio sonno: il solo aprire gli occhi e alzare di poco la testa gli aveva generato una forte fitta dolorosa che partiva dalla testa ai piedi, e una volta passato il breve attimo di inferno sentiva un forte pulsare nella zona sinistra del petto, come se qualcuno vi avesse fatto un taglio profondo, ma più acuto.

    Gli occhi di Richard, nel momento in cui riacquistarono la vista, videro il posto in cui si ritrovava: una cabina telefonica abbandonata, con i vetri sfasciati, il telefono senza cornetta e il telaio in acciaio arrugginito, mentre il suo corpo era come se fosse stato buttato lì a mo di sacco di patate.

    Muovendo la mano sinistra a terra, a tentoni, nel tentativo di rialzarsi, sentì una fitta minore al dorso: era andato a sbattere la mano contro un pezzo di vetro tagliente. Richard non aveva neanche la forza di imprecare, mentre si rialzava e si rendeva conto di altri dettagli fin troppo strani: sentiva del sangue secco sulla tempia destra, i vestiti erano scomposti e consumati e, sopratutto, la tasca destra della sua giacca era bucata e bruciata, come se qualcuno ci avesse messo sopra un sigaro; inoltre il contenuto all'interno di essa era abbastanza pesante.

    Mi sono risvegliato in una cabina telefonica sfasciata, in mezzo a cocci di vetro, e con una tasca della giacca che sembra essere stata bucata da un proiettile…. è un sogno; è l’unica spiegazione che mi viene in mente.

    Ma una voce nella sua testa lo convinse del contrario in pochissimo tempo; era strana, la sentiva distinta dal suo pensare, ma era come se fosse la voce di quell’amico con cui concordi all’istante, non appena apre bocca.

    Non dire cazzate: se sapessi di essere in un sogno sarebbe lucido, e quindi ne avresti il pieno controllo, cosa che non sta succedendo. In fondo sai che tutto ciò che stai vedendo e sentendo, si anche quel taglio, è reale. Oh già: controlla cosa hai in quella tasca..

    Richard non ci pensò neanche tre secondi: dando ascolto a quella voce nella testa, che stranamente aveva il suo stesso timbro, frugò nella tasca bucata, estraendone un oggetto di metallo deforme: guardandola meglio si accorse che era una specie di pendaglio porta foto, d’argento e a forma ottagonale, e l’incisione che vi era sopra era stata cancellata da un proiettile, che si era letteralmente spiaccicato sul pendaglio, che lo aveva bloccato.

    No, aspetta… da quando in qua porto pendagli in tasca!? E…no..mi hanno sparato!?

    Ed era proprio in quel momento che, mentre Richard aveva sfiorato con il pollice il punto colpito dal proiettile, la sua vista si offuscò; e in quel momento cambiò tutta la situazione.

    La sua vista era quella di una persona sdraiata sul fianco destro, su quello che era un duro e grezzo pavimento. Il dolore alla zona sinistra del petto era ancora più forte, ma non riusciva a fare niente: non riusciva a rialzarsi, ne a parlare, nulla, poteva solo guardare una specie di stanza dalle pareti tutte sfocate e indistinguibili, quasi fossero fatte di fumo.

    Pian piano, però, la vista di Richard fu occupata dallo spettacolo più terrificante che avesse mai potuto vedere nella realtà (in cui ormai era convinto di essere): due corpi erano sdraiati a terra e immersi in una pozza di sangue, anch’essi sfocati; ma erano stranamente famigliari, come se l’aspetto , la corporatura e i vestiti gli avesse già visti da qualche parte…

    Ma poi sentì uno scoppio rimbombare così forte nelle orecchie che era come se si trovasse in una camera interamente fatta d’acciaio; sembrava un colpo di revolver, e di grosso calibro.

    E a terra cadde, a pochi centimetri da lui, una figura che non poteva confondere; quei vestiti, quei capelli che le coprivano parzialmente il volto, quegli occhi…

    Syl era appena caduta di fronte a lui, mentre una pozza di sangue iniziava a colargli dal petto. Era stata appena sparata. Il colore lucente del suo sangue cremisi, in contrasto con i suoi vestiti più scuri e i suoi capelli, creava una visione terrificante, ma per certi versi malati, bella. E il suo viso, nonostante il colpo fatale, non aveva perso il suo fascino..

    Richard non poteva fare niente: era tutto talmente scioccante che non poteva neanche esalare un grido mentale: non poteva fare niente se non osservare, immobile, colei che si era sempre preoccupata per lui, morire. Tuttavia non esalò subito l’ultimo respiro, perché la sua mano, lentamente, strisciò verso quella di Richard, fino a stringerla con le poche forze che gli rimanevano in corpo: nonostante il dolore, il viso di Syl riuscì ad abbozzare un sorriso; un sorriso carico di un amore puro, rivolto unicamente a Richard, che dentro di se non poteva sopportare quella vista: vedere qualcuno morire era già tanto, ma Syl che usava i suoi ultimi respiri per donargli quel briciolo di amore rimasto…no, era troppo da sopportare.

    E Syl esalò l’ultimo respiro con una parola, sussurrata a malapena: non l’aveva sentita, ma Richard era sicuro di aver letto bene le labbra di Syl.

    "Sopravvivi"

    E gli occhi gli si chiusero.

    Quel desolante e tristo quadro di morte sparì dalla vista del ragazzo, per poi essere sostituito da due figure in lontananza: entrambi erano vestiti in un completo bianco pastello, e armati di revolver; ma mentre uno era letteralmente pelato e con un volto fin troppo anonimo, l’altro rimase impresso nella mente di Richard: capelli corti accuratamente pettinati, pizzetto, e un volto dal ghigno diabolico; un volto che non mostrava nessuna esitazione o rimorso nell’uccidere quattro ragazzi di soli 14-15 anni.
    Entrambi, mentre le pistole fumavano, iniziarono un breve dialogo, le loro voci dal forte accento russo rimbombanti nella testa di Richard:

    “Non ti sembra di essere stato eccessivo? Voglio dire, erano solo raga-” iniziò l’uomo dal volto anonimo.
    “Erano ragazzi che hanno ficcato il naso nel posto peggiore in cui potevano farlo; mi spiace per te, ma è il nostro lavoro. Comunque non pensiamoci più.”
    “Cosa facciamo con i corpi?”
    “Li buttiamo via; per esempio: il ragazzo con la giacca da aviatore puoi buttarlo in una cabina telefonica distrutta li vicino; è stato quello che mi ha dato più filo da torcere, il piccolo bastardo. Gli altri li possiamo direttamente gettare nel fiume.”
    “Ricevuto, capo.”
    “Oh già, devi riportarmi quei 3 kg di eroina; ricordi l’indirizzo?”
    “23 Rue Parchappe, vicino al garage; me lo ricordo.”
    “Bene; e per favore evita di giocare con le armi come fai di solito; quel Saiga-12 è meglio che resti nel bagagliaio.”
    “Tranquillo, capo, tranquillo.”


    E Richard tornò indietro, fuori da quel ricordo appena rivissuto, accanto a quella cabina telefonica sfasciata, il pendaglio in mano e il corpo tremante. Erano tutti morti, non c’era certo da illudersi: Edward era morto, Maya era morta.
    Syl era morta. E con lei, in quel momento, era morta l’anima di Richard.

    In tutto questo non si era accorto fino ad ora che il pendaglio si era aperto, mostrando nel suo incavo un pezzetto di carta piegato, stranamente rimasto intatto dal proiettlie; Richard, con sguardo vitreo, lo prese e lo dispiegò, le mani tremanti.

    Sarò sincera, non sapevo cosa regalarti, quindi ho provato a trovare qualcosa che possa ricordarti di me; è un pendaglio di Cthulhu, un po’ scontato da parte mia, ma almeno sarà facile ricordarmi; e poi al suo interno ho voluto mettere una foto di noi due, mi sembrava la più simbolica; ma se vuoi sostituirla con qualcosa di più “intrigante” basta chiedere ;)

    Ti amo Richard
    Syl


    E con l’ultima frase il cervello di Richard si spense. La ragione, la tristezza, il voler gridare; tutto era stato cancellato, formattato come un hard disk e sostituito da sole due cose, che si ripetevano nella sua testa, senza sosta, ossessivamente.

    L’immagine di Syl, immersa nel suo sangue cremisi.

    E l’indirizzo 23 Rue Parchappe.

    Avrebbe avuto molto da fare.

    Edited by Ishumaeru - 17/6/2020, 17:35
     
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